mercoledì 31 ottobre 2007

RAPPORTO SULLA SITUAZIONE ISLAMICA IN BELGIO

Un esplosivo rapporto dettagliato dello scrittore-analista belga FILIP DEWINTER, presentato al "
1° CONVEGNO AL PARLAMENTO DI BRUXELLES CONTRO LA SHARIA STRISCIANTE IN EUROPA"

Non avevo ancora pubblicato il rapporto che mi è stato consegnato da Filip Dewinter, a causa della difficoltà della traduzione. Ora leggendolo bene, nella sua interezza potrete capire meglio quale è la strategia in atto in EUROPA anche se i nostri sinistri, sono degli emeriti mascalzoni, che si stanno comportando come i sinistri di gran parte dell’Europa. Tutti quanti sperano di poter rimanere esenti dagli attacchi terroristici e non hanno ancora voluto affrontare il reale problema.
E’ probabile che con la politica adottata dalle autorità belghe, che hanno svenduto il loro Paese per rimanere al potere, condividendolo con i musulmani, non si verifichino attacchi kamikaze e terroristici, ma ciò che si realizzerà senza ombra di dubbio, sarà che il Belgio verrà fagocitato dentro il ventre islamico e della sua civiltà, del suo antico splendore, delle sue radici non resterà più nulla.
Noi al pari di Dewinter e di quelli che al suo fianco lottano per la libertà e i diritti conquistati dagli europei nei secoli, continueremo a tenere alta l’attenzione, sforzandoci di attuare una lotta che sia lecita, ma che non permetta ad alcuno di “stuprare” la nostra democrazia, i nostri valori, le nostre radici e soprattutto non privi le persone dei loro inalienabili diritti, in barba a qualsiasi mullah o mufti, o ayatollah e persino a Maometto.
Adriana Bolchini Gaigher

Counterjihad Bruxelles 2007
Rapporto del Paese: Belgio
(Traduzione letterale dal testo in inglese)

La situazione in Belgio non differisce troppo dalla situazione in altri paesi dell'Europa occidentale, tranne per il fatto che la sua politica è molto più debole perché la Nazione rappresenta un’entità artificiale, priva di una vera identità nazionale da difendere e come quasi tutti gli altri Paesi europei si deve confrontare con un’immigrazione che necessita di assistenza sociale.

La maggior parte degli immigranti in Belgio sono musulmani dal Marocco a cui si aggiunge un discreto quantitativo di immigrazione turca.

La stragrande maggioranza degli immigranti musulmani non è arrivata in Belgio negli anni 60 70 nei quali immigravano operai con il lavoro già predisposto, ma sono arrivati negli anni 80 esclusivamente allo scopo dei benefici che potevano ricevere. Sono simpatizzanti dei partiti della sinistra, perché dalla stessa istituzione belga socialista hanno ricevuto il diritto di votare.

Ad Anversa, il sindaco socialista Leona Detiège ha sostenuto la politica della cittadinanza (e del diritto successivo di partecipare alle elezioni) a tutti gli emigranti, in considerazione del fatto che il fiammingo indigeno è - citazione - "troppo politicamente presente in quanto agli immigranti non è permesso il voto” – non sarebbero quotati.

Il Belgio si deve confrontare con il fenomeno dell’slamo-socialismo a causa dell'alleanza fra musulmani e la direzione del partito socialista, che si è reso conto di non poter ricevere voti dalla base tradizionale degli elettori dei partiti conservatori, come il nostro, nella speranza di avere una nuova base elettorale.

Questa strategia ha funzionato. Nelle elezioni locali dell'anno scorso nel Belgio il voto degli immigrati è riuscito a capovolgere l’equilibrio a favore della sinistra.

A Bruxelles più della metà dei consiglieri comunali ora è costituita da immigrati di origine non europea. La maggior parte di loro sono musulmani e la maggior parte sono state sceltii come socialisti, benchè molti fossero stati accolti favorevolmente come sindacalisti Cristiane-democraticiche fa parte delle unioni nelle liste del partito dei cristiano-democratici.

Nella città di Bruxelles 11 dei 16 consiglieri comunali socialisti sono immigrati non-European, come 4 dei 5 Cristiano-democratici e 2 dei 3 liberali.

Ad Anversa un terzo dei consiglieri socialisti sono musulmani, come un terzo dei consiglieri dei cristiano-democratici Secondo il sociologo marxista Jan Hertogen - "gli immigranti hanno conservato la democrazia esistente in Belgio" -.
Hertogen ha calcolato che se il nostro partito Vlaams Belang avesse esteso tale facoltà agli immigrati, ad Anversa avremmo superato il 40% dei voti anziché 33.5 per cento raggiunto.

In altre città la situazione è simile. A Gand, un quarto dei consiglieri socialisti è musulmano. In Vilvoorde, una città fiamminga ( a 20 km. a nord di Bruxelles) metà dei rappresentanti socialisti è musulmano.

Le autorità chiudono un occhio sui radicali, perché preferiscono comprare il voto musulmano, anche se i radicali controllano la popolazione musulmana, i socialisti preferiscono aiutarli nell’impegno di controllare la popolazione musulmana.

L'anno scorso, subito dopo le elezioni, il consiglio di città de Anversa sacked il den Bogaard, un funzionario di Marij Uijt de Anversa che ha lavorato nelle zone degli immigrati. Den Bogaard di Uijt ha testimoniato come gli estremisti salafiti stavano assumendo la direzione di queste zone ed hanno inviato rapporti alle autorità della città, per il radicalismo crescente. Questo introduce un conflitto sia con gli islamici che con le autorità cittadine.

La città ha avvertito che tali rapporti erano inaccettabili e ha dovuto "cambiare il suo atteggiamento" e poiché ha persistito il suo lavoro è stato affidato a un salafita radicale ed ora non resta che sorvegliare 25 moschee del marocchino di Anversa.

Finora il Belgio non è stato mai destinatario di terrorismo musulmano, anche se gli islamisti frequentano assiduamente il Paese nel quale hanno un sostegno logistico per azioni che realizzeranno altrove.

L’attacco terroristico al treno di Madrid dell’11marzo 2004 sono stati progettati in Belgio. Le autorità belghe lo negano da sempre categoricomente, ma ci sono voci persistenti che Bruxelles ha stipulato un accordo con i terroristi acconsentendo di chiudere un occhio sulla cospirazione covata su terreno belga in cambio di immunità dall'attacco.

In una dichiarazione del GIA, che si rivolgeva direttamente al re Alberto II del Belgio, inviato all'ambasciata francese a Bruxelles nel mese di giugno del 1999, il movimento algerino del terrore si è riferito esplicitamente a un simile contratto.

Nel mese di maggio 2002, la commissione parlamentare belga che controlla i servizi di intelligenza di Dichiarare ha pubblicato il rapporto della relativa "inchiesta nei sensi in cui i servizi di intelligenza selezionano le attività islamiche di terrorismo e di estremismo". Il rapporto conferma che il Belgio è una parte logistica dei terroristi islamici. Il rapporto dichiara che il servizio segreto belga non seleziona i radicali musulmani, perché
(a) è sotto-costituito un fondo per ed under-staffed; (b) conta su una comprensione reciproca che i terroristi non attaccheranno nel Belgio; e (c) teme essere accusato di razzismo o di xenophobia verso i musulmani e gli immigrati.

Secondo il rapporto, nella Comunità musulmana belga, dichiarata ufficialmente di 350.000 membri, dei quale 200.000 marocchini e 100.000 Turchi, esiste un’infiltrazione pesante dii estremisti di fondamentalista dalla metà degli anni 80.

Il rapporto inoltre dichiara che 30 delle 300 moschee del Belgio, sono fatte funzionare dai clerici fondamentalisti. I candidati per il Jihad vengono reclutati fra i musulmani nelle scuole, nelle prigionii, negli ospedali e nei centri sportivi.

Il Belgio ha riconosciuto ufficialmente la religione musulmana e conseguentemente sovvenziona i clerici e gli insegnanti islamici. Hanno libero accesso alle scuole secondarie primarie e belghe. Le autorità non riescono a controllare che cosa stanno propagandando. Il rapporto avverte che il movimento di fondamentalista saudito-integralista-salafita sta generando un fenomeno religioso.

La moschea più grande del Belgio, la mosque grande di Bruxelles, è controllata dalla setta dei saudita ed è la sede del centro culturale islamico del Belgio. Questa istituzione impiega 600 insegnanti musulmani i cui stipendi sono pagati dai belgi.
Secondo il rapporto, il centro funziona con una propria "polizia islamica", che sorveglia determinate vicinanze di Bruxelles ove esiste una grande concentrazione di musulmani.

Il rapporto spiega che Bruxelles si è transformata in in un centro ideale di logistica per i gruppi internazionali del terrorismo, a causa della politica di immigrazione di accoglienza del Belgio, la politica intenzionale "delle mani-fuori" delle autorità verso i mosques ed i centri islamici, la posizione geografica del Belgio ed il fatto che il francese è una lingua ufficiale a Bruxelles, che rende la città attraente agli Africani del nord.

Godelieve Timmermans, il capo dei belgi dichiara che sicurezza è in pericolo, ma soltanto dopo che i particolari del rapporto sono diventati di dominio pubblico sulla stampa. La situazione purtroppo durante gli scorsi 5 anni non è migliorata. Soltanto l'ultimo mese Jean-Claude Delepière, la testa di OCAD, il cane da guardia di terrorismo del governo belga, sostiene che "non c’è prova importante”" che il rischio di attacco del terrorismo proveniente dal Belgio si sia sviluppato a causa del fatto che "il Belgio fa attenzione ad evitare atteggiamenti aggressivi che possano provocare le reazioni negative dai musulmani" .

Effettivamente, il Belgio cerca di non provocare le reazioni negative degli islamisti. Indubbiamente, questa era una delle ragioni per cui nell’ultimo mese una dimostrazione anti silamizzazione europea a Bruxelles è stata vietata dalle autorità e perchè i dimostranti pacifici sono stati picchiati dalla polizia. Questo comportamento non è nuovo nel Belgio. Durante i vari periodi storici il Belgio ha sempre trattato con i nemici.

Il Belgio sembra non aver imparato le lezioni dalla storia. L'Islam radicale sta conquistando il Belgio ed Europa per la grandissima immigrazione voluminosa e dagli alti birthrates. Muammar Gadaffi dalla Libia lo dichiara: "abbiamo 50 milioni di musulmani in Europa. Sono un segno che Allah darà la vittoria all’Islam sull’Europa - senza spade, senza cannoni, senza conquista. I 50 milione musulmani in Europa trasformeranno l’Europa in musulmana entro pochi decenni. Allah sta mobilitando la Turchia musulmana che si aggiunge all’ Unione Europea. E’ un'aggiunta di 50 milioni di nuovi musulmani. Allora ci saranno 100 milione di musulmani in Europa. L'Albania, che è un paese musulmano è già nella UE. La Bosnia che è un paese musulmano è già nella UE. Il 50% della popolazione in quei paesi è musulmano." (la televisione di Jazeera di Al, il 10 aprile 2006) Ha ospitato Gadaffi.

Nella Nella mia città natale, Anversa, contiamo fino a settanta mila musulmani, circa il 15% della popolazione. Nelle scuole elementari comunali di Anversa, i bambini islamici rappresentano oltre un terzo della popolazione della scuola. Questo numero aumenta anno dopo anno. Se questo sviluppo persiste, Anversa sarà una città islamica entro 2050. A Bruxelles, il nostro capitale di nazioni, la situazione è ancor più critico. Al giorno d'oggi i nativi sono già una minoranza a Bruxelles, più della metà della popolazione de Bruxelles ha radici straniere. Un terzo della popolazione totale a Bruxelles è musulmano. Per i neonati a sia Anversa che Bruxelles, Muhammed è il nome che viene sempre più spesso imposto ai neonati.

Simultaneamente, una tendenza spaventosa del radicalisation può essere osservata fra la gioventù musulmana nelle Fiandre. Un'inchiesta fra cinquecento giovanotti musulmani ha rivelato che la metà di loro è convinta che il Koran dovrebbe essere seguito letteralmente. Due terzi hanno idichiarato che obbligherebbero i loro bambini per diventare musulmani. Soltanto un quarto dei dichiaranti ha risposti smentendo la domanda “se i musulmani sono gente migliore dei non musulmani”. Questa radicalizzazione è stimolata tramite le frequenti chiamate via satellite della TV e dei siti Web radicali islamici.

Quasi ogni musulmano ha accesso alla televisione satellitare, da cui apprendono le direttive radicali islamiche. Il peso demografico fa aumentare la Comunità musulmana e la radicalizzazionen crescente fra i musulmani sta mettendo la nostra società sotto una grande pressione. Sia Bruxelles che Anversa sono state scenario della violenza di ispirazione etnica e religiosa. I giovani musulmani portano la distruzione, aggrediscono i nativi e perfino i poliziotti. Le considerazioni elettorali ed il timore di escalation modellano la politica per accontentare le richieste della Comunità musulmana. Persino principii e i diritti democratici acquisiti dalla nostra civiltà occidentale sono messi in discussione, come l'uguaglianza fra uomini e donne, o la separazione fra chiesa e stato.

Ecco alcuni esempi da Anversa: - Anversa è stata la prima di molte città nelle Fiandre a tenere conto delle ore limitate di apertura per gli uomini nelle piscine pubbliche, nel vantaggio delle donne musulmane, poiché i loro soci non assegnano loro la presenza di altri uomini.
- tutte le refezioni scolastiche a Anversa sono "halal" preparate secondo la regola musulmana. E’ stata fatta una nota esplicita formale che sia la carne di cavallo che quella di maiale sono statecompletamente vietate nei menù scolastici, anche per i bambini cristiani. Tutto ciò soltanto per rispondere alle esigenze dei musulmani.
- – Il servizio pubblico ad Anversa non è più neutrale a causa di un numero crescente di impiegati musulmani che sono impiegati agli sportelli. Di conseguenza il Consiglio della città ha inteso vietare tutte le espressioni pubbliche di qualsiasi religione. Questo divieto implicherebbe in egual misura il velare musulmano, il kippa ebreo e il crocifisso cristiano. I musulmani hanno protestato furiosamente ed hanno richiesto la proibizione generale degli alberi di Natale e del cioccolato di Pasqua negli uffici.
La proibizione del velo è stata immediatamente ritrattata, ma misteriosamente la proibizione dei crocifissi e dei kippas è rimasta in vigore.

Deve essere chiaro ormai che la teoria "del appeasement" è venuto a mancare. Più si va incontro alle richieste musulmane, più la richiesta seguente risulta essere alta.
Il professor Urbain Vermeulen, L’islamologo principale fiammingo in Europa non lascia margine per capire come interpretare le motivazioni dei musulmani. Cito: "non desiderano semplicemente integrarsi. Se desiderano un'integrazione, questa è secondo le loro regole morali islamiche. Intendono vivere nelle NOSTRE nazioni, secondo le LORO regole. E il nostro regime non credenteche tiene conto di loro è per loro molto comodo. Di conseguenza velare le donne per loro è una forma di reclame continuo per obbligare a determinare le regole islamiche e l’applicazione delle regole musulmane in nome della separazione costituzionale della chiesa. Tutto è essenzialmente un rifiuto totale alla nostra società nel suo insieme” (HLN 27/10/2004)

Fraihi è un reporter per un giornale fiammingo. Avendo radici da immigrato, è andato sotto copertura inferiore due anni fa per due mesi in Molenbeek, un sobborgo di Bruxelles con una concentrazione molto alta degli immigranti musulmani. Il risultato della sua ricerca è stato chiarissimo, come il cristallo. Cito: "i musulmani di Molenbeek hanno scelto un percorso differente, diverso dall’integrazione; un percorso di un musulmano marocchino dichiara in Belgio. I musulmani di Molenbeek tutti sembrano essere fatti dalla stessa matrice. Le loro vite sono determinate dall’Islam, un Islam delle mille volte. La malvagità del mondo è l’attività "dei sionisti despicable". L'edizione palestinese ed i martyrs islamici sono stati." Citazione di conclusione (Nieuwsblad 17/03/2005). Fraihi osservato come la vita pubblica in Molenbeek è stata completamente organizzata da regole musulmane. I centri di idoneità applicano le ore d'apertura completamente separate per gli uomini e le donne, i librai vendono letteratura radicale dell’Islam e la carne del maiale non può essere trovata in un macellaio ne lontano ne vicino.

Sono convinto che esista un piano generale per presentare, in primo luogo le nostre città in Europa successivo nell'insieme ad Islam. Le organizzazioni islamiche stanno generando ghetti in alcune vicinanze delle nostre città. Si sforzano dopo la segregazione delle Comunità musulmane di mantenere sotto controllo i musulmani che vivono in queste città Questi musulmani fedeli vivono insieme in zone islamizzate nelle vicinanze delle nostre città, vanno in moschea ed alle scuole di coraniche, vanno ai negozi arabi che vendono soltanto alimento halal, uniscono le organizzazioni islamiche che hanno assunto la direzione del tessuto sociale originale mantenendolo ristetto. I Non-Musulmani non sono più benvenuti in queste zone e l’integrazione dei musulmani nella nostra società è resa impossibile per questi motivi.

Nelle vicinanze delle zone a maggioranza musulmana, i musulmani radicali provano ad imporre il modo di vivere musulmano estremo agli altri musulmani. Tutto ciò che non è conforme all’ Islam subisce una tremenda pressione. Per gradi la sharia viene imposta in queste zone. Le donne riluttanti a portare un velare vengono insultate, minacciate e persino attaccate fisicamente. In alcune di queste zone è stata istituita una forza di polizia religiosa che sta controllando il modo di vestire. L'anno scorso nel sobborgo Borgerhout de Anversa, la cui popolazione ha raggiunto quasi una metà di musulmani, i radicali islamici hanno disturbato ed interrotto il festival della musica. Gli ospiti sono stati intimiditi o privati dei biglietti d'entrata. L'entrata è stata presa d’assalto da un gruppo di giovani istruiti dai radicali musulmani. Inoltre in Borgerhout, questo anno, in alcune zone i baristi sono stati minacciati per impedire loro di servire alcune bevande alcoliche.

Da questa politica di concentrazione, i musulmani radicali stanno generando deliberatamente zone franche musulmane nelle nostre città, che si isolano dalla nostra società. Questa strategia del ghetto stimola la fuga dei nativi che si allontana dalle città. Queste vicinanze sono usate come teste di ponte dell'Islam radicale per conquistare la città nell'insieme. Se lo sviluppo persiste città come l'en Bruxelles de Anversa a nel Belgio, ma anche Marsiglia e Lille a in Francia, Birmingham e Bradford nell'en Francoforte de Stuttgart e del Regno Unito nel rischio della Germania da transformarsi in in città islamiche in pochi decenni.

Ci si può domandare se tutto questo stia per essere portato a conclusione se le politiche belghe non cambiano? Urbain Vermeulen professore fiammingo di islamologia è molto chiaro circa questo: "durante trenta - quaranta anni la regione che varia dal nord della Francia Lille - Roubaix - Tourcoing ad Amsterdam sarà una zona franca islamica. La Fiandre e Bruxelles risiedute nel centro di esso. Durante venti anni de Bruxelles sia la più grande città di Maghreban fuori del Maghreb (...) che la nostra società sarà destabilizzata. I musulmani continueranno a generare problema dopo problema, aumentando le loro richieste e determineranno la vita pubblica.

Ciò può diventare la fine della civilizzazione pricipale europea ".

Il mio partito farà la cosa migliore per evitare che questo oscuro piano d'azione si transformi nella realtà. (HLN 27/10/2004)

Filip Dewinter - 18-10-2007

http://www.lisistrata.com/cgi-bin/tgfhydrdeswqenhgty/index.cgi?action=viewnews&id=2183

giovedì 25 ottobre 2007

(BRUXELLES 2) Il ricatto del petrolio sull’Occidente e l’antisemitismo strisciante

Perché scaricare la causa della crisi identitaria del Vecchio Continente tutta ed unicamente sugli arabi? Ci sfugge che da tempo siamo caduti in un tranello studiato a tavolino dal cartello dei Paesi produttori di petrolio che prende le mosse al tempo della costituzione dello Stato di Israele e si radica nella grande crisi del 1973. Abbiamo dimenticato quali valori morali ed etici siamo stati capaci di costruire e diffondere nel mondo, dal diritto, alla libertà, alla democrazia: una civiltà che ha costruito i suoi connotati facendo errori ma trovando gli antidoti per correggerli. Questa volta però l’errore fatto negli anni ’70 è difficilmente sanabile; potrebbe essere esiziale per tutti, perchè ci siamo imbarcati in un’avventura scaturita da un colossale ricatto. E’ come se l’Occidente avesse rinunciato al potere del cuore e della mente per perseguire degli interessi comuni con la controversa “nazione islamica”.
E’molto probabile che queste osservazioni siano rimbalzate nell’emiciclo del Parlamento europeo a Bruxelles il 18 e 19 ottobre dove si è tenuto il “ 1° Convegno Internazionale” dal titolo significativo “anti-shariah”. A quell’incontro - si legge sui siti web - erano presenti una folta rappresentanza di studiosi ed osservatori di una settantina di Paesi occidentali, compreso Israele, con lo scopo di creare un network di attivisti per “resistere alla crescente invasione islamica” che stranamente, o peggio, volutamente, la carta stampata ha finora ignorato. Il fatto che le testate giornalistiche abbiano taciuto l’evento, getta un’ombra sulla volontà di diffondere nell’opinione pubblica verità scottanti circa l’azione politica di certi personaggi che nel tempo si sono affacciati alla Commissione europea, Prodi compreso, e pone una pesante ipoteca sul cammino di liberazione dal fondamentalismo islamico e dalla schiavitù della paura che da tempo incombono sulle nostre comunità locali. Il retroscena del ricatto subito, con le conseguenze che sono sotto i nostri occhi, ce lo ricorda la Bat Ye’or (pseudonimo di Giselle Littman), presente in quell’occasione, nel suo “Eurabia - come l’Europa è diventata anticristiana, antioccidentale, antiamericana, antisemita”, testo che ha ispirato la nostra Oriana Fallaci.
Questa signora egiziana di nazionalità inglese, ci rivela che ha ripreso il termine Eurabia da un preciso progetto politico portato avanti da una rivista fondata a Parigi nel 1975, due anni dopo la guerra del Kippur scatenata dai Paesi del cartello arabo-musulmano contro Israele. L’ideatore del “Piano Eurabia” è Lucien Bitterlin, presidente dell’Associazione per la solidarietà franco-araba e l’esecutore e finanziatore, secondo Oriana, il Comitato Europeo di Coordinamento delle Associazioni per l'amicizia con il Mondo Arabo, una organizzazione a latere della CEE, oggi UE. Mentre infuriava la guerra del Kippur dell’aggressore arabo pervicacemente impegnato ad estendere il nazional-socialismo nasseriano sulla neo-democrazia israeliana, i rappresentanti dell’OPEC riuniti a Kwait City, per ritorsione verso le democrazie occidentali che moralmente stavano sostenendo lo stato Ebraico, decidono utilizzare il petrolio come arma di pressione riducendo le forniture e quadruplicandone il prezzo, accelerando così il progetto parigino: un ricatto inaudito in cui, per la prima volta, un paese vincitore soccombe alla coercizione dei vinti. Ad un mese da quell’intollerabile ricatto, Georges Pompidou e Willy Brandt ritennero che fosse necessario ed utile promuovere una solida amicizia con quei Paesi, proponendo “petrolio in cambio di braccia da lavoro” (leggi immigrazione musulmana): un’ occasione per estendere il califfato sul territorio europeo con le conseguenze che ne sono scaturite, tipo informazioni riservate fornite a quei regimi gedocratici. A quest’incontro ne seguirono altri con i rappresentanti della Lega Araba a Copenhagen, a Bonn, a Parigi, a Damasco, a Rabat, fino ad arrivare al prossimo che si terrà nel novembre prossimo, tutte manovre tese a sancire la “svendita” dell’Europa al Cartello musulmano ed ampiamente documentate nella rivista Eurabia. Secondo la Bat Ye’or: “L'obiettivo era quello di creare una identità mediterranea pan arabo-europea che permettesse la libera circolazione di persone e merci e determinasse in modo pesante la politica verso l'immigrazione nella Comunità Europea”.
Le sanatorie, l’allargamento delle quote di coloro che possono entrare in Italia, e persino gli aiuti economici e i buoni bebé agli immigrati e tanti altri benefici riservati ai musulmani come alloggi e scuole gratis per famiglie numerose, discendono da questi trattati che l’Italia prontamente adotta. Secondo gli osservatori presenti in quel Convegno, trent’anni di “dialogo” euro-arabo, nei fatti non hanno prodotto che dissidi e paure nelle nostre comunità. La ragione risiede principalmente nell’ingresso indiscriminato di sconosciuti alle frontiere e nelle migliaia di moschee sparse sul nostro territorio, il più delle volte dirette da capi spirituali privi di controllo e da oscuri personaggi provenienti dalle madrasse del Pakistan e dello Yemen finanziate con i petrodollari dei regimi sauditi, ma che nulla hanno a che vedere con i principi dell'Islam, né con la civiltà del mondo arabo, le cui tracce sono ancora presenti in molte regioni europee.

Francesco Pugliarello

lunedì 22 ottobre 2007

-----------BRUXELLES 18/19 ottobre CONVEGNO INTERNAZIONALE ANTISHARIA ----------

La resistenza attiva alla sharh’ia e al jihad è cominciata

NOTIZIA CHE NON AVETE TROVATO SUI MEDIA NAZIONALI

A Bruxelles più di 70 rappresentanti di un gran numero di nazioni europee, USA. Canada e Israele compresi, si sono incontrati per fare fronte comune contro l’islamizzazione forzata dell’Occidente e hanno messo la prima pietra a quella che sarà la costruzione che dovrà reggere contro le bordate dei fanatici integralisti islamisti che vogliono imporre un regime teocratico al mondo intero, partendo da una menzogna ben strutturata sulla religione, cercando e spesso riuscendo a far credere al mondo che stanno portando a compimento le parole del profeta Maometto, che sarebbero, secondo loro ciò che Dio avrebbe comandato.


""Noi che siamo abituati a ragionare criticamente e ricorriamo sempre all’utilizzo della ragione, non possiamo credere che Dio si sia divertito a creare gli uomini per farli diventare dei brutali assassini, privandoli della pietà, sollevandoli persino dal senso di colpa che la morale e l’etica trasmettono agli assassini e non possiamo perciò accettare un’ideologia tanto stragista quanto quella che gli integralisti islamisti, attraverso il terrorismo, stanno portando in tutto il mondo, facendo scorrere fiumi di sangue.

L’universo non è una creazione immutabile, anche perché la scienza ci fornisce ogni giorno prove a conferma che tutto è in divenire e tutto si trasforma, altrimenti l’universo non avrebbe la possibilità di rigenerarsi ma si consumerebbe fino ad esaurirsi. Noi occidentali sappiamo che il mondo per evolversi ha bisogno di arricchirsi di nuove informazioni e non potrebbe farlo restando identico ed immutabile, ma ha bisogno di esperienze che possono arrivare soltanto dal confronto e questo si ottiene attraverso nuove fonti di informazioni che si trovano soltanto nella ricchezza delle differenze.
L’evoluzione ed il tempo determinano cambiamenti naturali che includono la sfera sociale, la cultura e persino l’etica, infatti quasi tutto ciò che era valido per l’uomo del medievo, non è più valido per l’uomo moderno, e lo vediamo applicato anche nell’arco di una semplice esistenza: ciò che è valido per i neonati non è valido per le persone adulte e nemmeno per gli anziani. E’ inconcepibile che l’islam venga usato per bloccare l’evoluzione universale, perché significa che l’islam è contro la creazione divina e perciò nei termini pratici l’islam rappresenta una bestemmia contro dio.

Inoltre, l’islam che viene propagato sulla Terra con l’uso della forza, e per determinare ogni più intimo aspetto della vita quotidiana delle persone, relegandole a divisioni classiste che generano caste più o meno privilegiate secondo l’appartenenza religiosa, con diversi diritti e diversi doveri, non può essere un progetto divino, ma frutto dell’ignoranza umana o peggio dell’interesse di chi ha compreso che sfruttare il sentimento religioso e i sensi di colpa delle persone produce in loro sottomissione dovuta al terrore inoculato dal timore di non aver accesso alla vita eterna.
Noi rifiutiamo questi concetti perché non sono frutto di un disegno divino, ma sono il calcolo interessato di una banda di mascalzoni che sfrutta la superstizione e la fede, per portare a compimento il proprio progetto politico, così da soddisfare i propri interessi personali e riuscire a mettere le loro rapaci mani sul dominio del mondo, proprio come a suo tempo hanno già tentato di fare molti personaggi che la storia ci ha dimostrato nella loro vera luce di squallore ideologico e morale, ma che non avevano, per nostra fortuna, i mezzi che esistono oggi nell’era della globalizzazione. Questo è il motivo per cui un certo islam è pericolosissimo ed è proprio questo islam che tutti noi rifiutiamo e combatteremo con ogni mezzo legale per impedirgli di imporsi sulle nostre esistenze.

Ebbene: la resistenza è cominciata, poiché oggi non siamo più tanti soggetti soli e isolati, ma ci siamo uniti per difendere i principi che hanno determinato ciò che siamo oggi: uomini che hanno percorso la storia facendo errori e correggendoli, ma giungendo a quello che è il miglior sistema di vita sul pianeta Terra: noi oggi abbiamo a disposizione dei valori che molti Paesi al mondo non hanno nemmeno lontanamente nei loro ideali: il diritto, la democrazia, la libertà e nessun dittatore al mondo di qualsiasi natura sia la sua ideologia, religiosa, politica, economica potrà farci cambiare strada.
L’islam integralista non passerà, perché noi glielo impediremo con tutte le nostre forze.

Questa è Bruxelles oggi, che riunisce in questa cattedrale le radici della sua natura, costituita da ragione e fede, lo mette in evidenza l’importante mostra del più grande scienziato di tutti i tempi: Leonardo da Vinci le cui opere sono esposte nella più importante cattedrale di Bruxelles. E’ questa identità quella che vogliamo difendere e che vorremmo arricchire attraverso tutte le culture e le religioni islam compreso, ma che non vi si sovrapponga cancellandone la natura e l’essenza primigenia"".

http://www.lisistrata.com/cgi-bin/tgfhydrdeswqenhgty/index.cgi?action=viewnews&id=2144

sabato 20 ottobre 2007

Partito Democratico: L'AVVENTO DEL PENSIERO DEBOLE


La tanto strombazzata nascita del Partito Democratico certifica l'avvento di una nuova filosofia politica, quella del potere fine a se stesso e nel contempo segna l'affermazione del pensiero debole, incarnato dall'ecumenismo veltroniano. All'apparenza queste frasi suonano come slogan, ma nei fatti hanno un loro fondamento. Vediamone le ragioni.
L'operazione che negli anni '70 andò sotto il nome di «compromesso storico» tra i comunisti di Berlinguer e i democristiani di Aldo Moro, oggi riproposta dai Ds di Fassino con l'avallo di Prodi, riproduce né più né meno che una sorta di compromesso tra i due maggiori partiti storici che nell'immediato dopoguerra si spartirono il potere; un compromesso che gli Stati uniti d'America, in piena «guerra fredda» avevano tollerato, ma osteggiarono quando l'allora presidente della Democrazia Cristiana voleva sancirne l'ufficialità. Allora nasceva sotto le insegne della «Solidarietà nazionale» per combattere le brigate rosse, oggi per impedire la riconquista di Palazzo Chigi a Berlusconi e contrastare l'estrema sinistra assurta agli onori di governo del Paese.

Ds e Margherita, fondendosi nel Pd con lo scopo di riformare le istituzioni, tentano di consolidare l'operazione rimasta in sospeso dopo l'assassinio di Aldo Moro. I cosiddetti poteri forti che guidano l'economia, la cultura, le attività produttive, il terziario, rimaste da sempre ben salde nelle mani dei Ds e della Margherita, plaudono a questa operazione che ha il sapore di una manovra di vertice ammantata di democraticità e come tale politicamente non facile da digerire. Anche se è prematuro trarre delle conclusioni, dove ancora tutto dovrà misurarsi nelle "assemblee costituenti", le prime avvisaglie si possono ravvisare nelle pretese dei Ds che, a seguito dei suffragi riscossi in sede di primarie, già reclamano il doppio dei seggi. Conoscendo bene la natura di questi due partiti, smentendo Veltroni quando afferma che il Partito Democratico sarà un partito «senza correnti», il politilogo Baget Bozzo già preconizza che i 2400 delegati verranno nuovamente sottoposti alla prova fedeltà.
Il che non impedirà il riaccendersi delle faide interne, rendendo ulteriormente instabile la governabilità del Paese. Questo l'aveva capito anzitempo Lamberto Dini, tanto che, da vecchio volpone, prevedendo di non essere gradito al nocciolo duro della «struttura», ha pensato bene di tirarsi fuori, fondando un proprio partito.

Molti pensano, che Prodi ne verrà indebolito, dimenticando che costui è un dossettiano di ferro come lo è lo stesso neo-vice segretario Dario Franceschini. Quando quest'ultimo afferma che la natura del nuovo partito è quello di essere «maggioritario», vuole intendere che l'unico partito maggioritario è stato per decenni la Dc che, tradotto dal politichese, significa che i Ds devono fare i conti con la Margherita perché ci mette la faccia per mostrare all'opinione pubblica che il nuovo Pd è il vero partito riformista e per converso la Cdl una coalizione conservatrice.
La riprova sta nei prudenti commenti di Fassino e nelle risposte stizzite di Casini rivolte a Franceschini nella trasmissione di martedì scorso a Ballarò. Dunque Prodi potrebbe anche uscirne rafforzato, ma non sarà facile, perché l'«ecumenico» Veltroni tenterà con ogni mezzo di attirare a sé le simpatie di quei poteri legati ai loro specifici bisogni, che spingeranno verso nuove elezioni.

Tuttavia questa partita politica, in cui nella galassia della sinistra decine di parlamentari sono in sofferenza, potrebbe porre una pesante ipoteca sulla tenuta del nuovo partito e dello stesso Governo, facendo il gioco di Berlusconi.

Chi perde è ancora una volta il Paese reale, principalmente il Sud, dal momento che lo stesso neopresidente del Pd sventola la bandiera della «questione settentrionale». E' un salto nel buio che riporta le lancette della politica indietro di almeno trent'anni, con l'aggravante che il governo Prodi, pur di non perdere la poltrona, dovrà accontentare l'antagonismo sinistro che spinge per un livellamento economico e sociale verso il basso.
Se questa operazione non riuscità, dovranno dar fondo al serbatoio dei voti extracomunitari che stanno cinicamente coccolando. Il resto è la solita pantomima, buona a raggirare le loro «masse».

di Francesco Pugliarello
da RAGIONPOLITICA:IT - 20.10.2007

lunedì 15 ottobre 2007

francoazzurro-politicaeconomia: UN DIRITTO A LUNGO NEGATO - I disabili intellettivi ed i Down dimenticati dalla nostra civiltà occidentale

francoazzurro-politicaeconomia: UN DIRITTO A LUNGO NEGATO - I disabili intellettivi ed i Down dimenticati dalla nostra civiltà occidentale

Un diritto a lungo negato



Fabio, come molti ragazzi Down nati dopo gli anni sessanta, deve ritenersi un ragazzo fortunato perché, per gran parte dell’opinione pubblica, oggi può anche rappresentare un valore. Fino ai giorni nostri questi ragazzi vivevano nell’oblio, quando addirittura si arrivava a sopprimerli prematuramente. Il delirio “genocida” risale al tempo in cui Platone, vagheggiando una “Città Ideale” fecondava con l’idea ddlla purezza della razza umana i secoli successivi, culminati con la ferocia nazi-comunista del secolo scorso. Questo principio di morte fu non solo assorbito e codificato nel Diritto Romano, ma riaffermato nel Medioevo Cristiano in cui le levatrici avevano precise istruzioni per eliminare neonati malformati.
Nonostante Cristo proteggesse e guarisse storpi e ciechi, questi “figli del peccato” - considerati tali dai pagani e dagli ebrei - sono stati a lungo un dramma per molte famiglie: tanto forte fu l’influsso di Atene e di Roma sulla nostra civiltà.
Per fare due soli esempi dell’ignavia che ha attraversato nei secoli scorsi ogni strato della società, ricordiamo la recentissima rivelazione del grande commediografo Arthur Miller che, forse in un moto di ravvedimento, riconosce come crimine l’aver abbandonato in un Istituto il proprio figlio Down, oggi quarantunenne.
Riporto di seguito parte della recensione del famoso romanzo di Kim Edwards, ambientato negli anni ’60, uscito agli inizi del 2007 e da cui è stato tratto un film che ha commosso il mondo – “La figlia del silenzio”. In esso si rappresenta l’angoscia di un padre, ossessionato dal senso di colpa per aver rinchiuso in un istituto la propria neonata gemella Down all’insaputa della moglie:
“…David sceglie in fretta e la sua decisione sarà destinata a cambiargli la vita per sempre: affida la piccola a Caroline, ordinandole di rinchiuderla in un istituto e di non rivelare mai a nessuno la verità. A Norah, che non si è accorta di nulla perché durante il parto era sotto anestesia, dice che la bambina è morta. Ma Caroline non può abbandonare la piccola Phoebe in quell'edificio triste e squallido. Con un coraggio che non credeva di avere, fugge in un'altra città, determinata a prendersi cura della bambina e a conservare ben custodito un segreto che solo lei e David conoscono. Un segreto che nel tempo si farà sempre più insopportabile e, come una piovra, allungherà i suoi tentacoli sulla vita di David e della sua famiglia: lui, ossessionato dal senso di colpa e dai rimpianti, ma incapace di affrontare la realtà, Norah, inconsolabile per la figlia che crede morta, e Paul, il fratellino di Phoebe, un bambino timido che cresce solo in una casa piena di dolore. Intanto Caroline, a centinaia di chilometri da Lexington, vivrà con gioia l'inaspettata maternità ma dovrà affrontare anche molte difficoltà: Phoebe è una bambina vivace e sensibile ma i suoi problemi e i pregiudizi che la circondano costringeranno Caroline a combattere una dura battaglia contro il mondo. Fino al giorno in cui i destini delle due famiglie torneranno a incrociarsi...”
Al solo pensare che nell’enciclopedia medica Labor dell’edizione del 1948 si legge che questi esseri, “tra le varie forme di deficienza mentale”, sono “i meno capaci di apprendere” e che oltre i due terzi dei bambini colpiti dalla sindrome di Down non riescono a vivere al di là della pubertà e quindi è “conveniente l’internamento in speciali Istituti” perché ritenuti “inadatti a vivere nella società…”, fa venire i brividi.
Sembrerà un assurdo quanto su accennato, ma chi vive o chi opera nel campo dell’handicap sa che fino agli anni ´70 non veniva riconosciuto il diritto di vivere in famiglia, né di essere curati e riabilitati, dai ciechi ai sordi, dagli handicappati intellettivi e spesso anche dalle persone colpite nel fisico. A tali soggetti non era consentita neanche la frequenza della scuola normale; a maggior ragione era preclusa ogni possibilità di un inserimento nella vita sociale e produttiva.
Fu sul piano dell’”adozione speciale” che si compì una vera e propria rivoluzione copernicana, nel senso che lo scopo dell’adozione di bambini disabili e non, non era più quello di concederla a persone desiderose di genitorialità, ma di dare una famiglia ai minori completamente privi di un’assistenza morale e materiale. Questo grazie alle iniziative di associazioni spontanee a cui aderirono parlamentari, giuristi, magistrati, donne e uomini di cultura, amministratori, operatori e organizzazioni sociali che fin dai primi degli anni ’70 si mobilitarono in difesa dei diritti di questi innocenti.
Nello stesso tempo, le famiglie di origine, essendosi rese conto delle conseguenze negative provocate da un internamento in istituto, accettarono sempre meno la pratica del ricovero. Maturarono così le prime positive esperienze di inserimento in famiglie adottive dei bambini sottratti agli istituti. Se volessimo segnare uno spartiacque tra il buio dell’esistenza ed il giorno del riscatto, possiamo convenzionalmente fissarlo al 1967, anno in cui gradualmente ed inesorabilmente comincia a crescere la pressione delle organizzazioni sociali e delle prime associazioni di famiglie per la regolamentazione dell’adozione dei minori stranieri; contemporaneamente sorsero i primi servizi di “affidamento familiare a scopo educativo”. Vennero così create le condizioni per ottenere dal Parlamento l’approvazione della legge 4 maggio 1983 n. 184 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”.

Ma sarà solo a seguito della contestazione studentesca del ’68, che l’opinione pubblica comincia a prendere coscienza del rispetto delle minoranze ed in particolare della presenza attiva di ogni tipologia di disabilità, quella intellettiva compresa.
Attualmente, nelle altre culture del Pianeta siamo ancora ai primordi. Mentre in qualche “clan” del mondo islamico la figura del Down viene considerata un valore da tutelare, da proteggere, dobbiamo attendere la fine degli anni ’90 per vedere un principio di attenzioni da parte dei pubblici poteri.
Per citare alcuni Stati, ricordiamo che l’ Oman è uno dei primi stati islamici, dal 1987, che si interessa al sostegno, alla cura ed alla riabilitazione, rivolti principalmente nel campo dello sport.
Nella patria del sunnismo, ci risulta che di recente l’Arabia Saudita, offre al disabile il privilegio di viaggiare gratuitamente nel periodo del pellegrinaggio a La Mecca.
In Marocco re Mohammed VI ha iniziato da poco a prevedere la necessità di sostegni specialistici nei confronti di questi bambini.
In Serbia ed in Russia attualmente è ancora riservato il ricovero in istituti, tutti rigorosamente lontani dalle città “perché non disturbino gli abitanti!”.
Più raccapricciante è la misera fine subita dallo scopritore della causa della sindrome di Down nel 21mo cromosoma, Jerome Lejeune (1926-1994). Applaudito dai grandi della Terra, candidato al premio Nobel e nominato esperto in genetica umana nella Organizzazione Mondiale della Sanità, allorché nel ’70 si oppose tenacemente al progetto di legge sull’aborto eugenetico, fu oscurato dai media di tutto il mondo e perseguitato dai suoi stessi colleghi; ragione per cui sfumò il premio Nobel.
Fu uno dei pochi scienziati a difendere strenuamente in tutti i consessi mondiali il DIRITTO ALL’ESISTENZA di qualsiasi essere umano a partire dal suo concepimento, basandosi maggiormente su argomenti scientifico-razionali che su una visione filosofico- religiosa, considerando l’aborto un “crimine abominevole”.
Certamente erano i primi approcci ad una problematica radicata nel DNA dell’opinione pubblica, ma che successivamente verrà affrontata in tutti i suoi risvolti e da noi resa norma con la Legge 40 del 19 febbraio 2004 sulla “procreazione medicalmente assistita”.
In un convegno del 15 ottobre 1978 tenutosi ad Alassio, in cui lo scienziato descriveva l’origine della sua scoperta e le caratteristiche di un trisomico, mi ha colpito la semplicità con cui spiegava la ragione della lentezza congenita in questi ragazzi e le conseguenze sull’intelligenza. Osservando la lentezza nella dilatazione e nel restringimento della loro pupilla, iniettando atropina, si accorse che questi movimenti involontari avvenivano meno in fretta che nei soggetti normodotati. Da questa osservazione dedusse che la causa del rallentamento nei movimenti e nelle reazioni - una delle caratteristiche comuni tutte le malattie che provocano l’indebolimento dell’intelligenza – era dovuta ad una minor quantità di certe sostanze chimiche necessarie per inviare un segnale da una cellula all’altra.
Per Jerome Lejeune è in corso il processo di Beatificazione proposto a suo tempo da Giovanni Paolo II il quale, a seguito delle certezze espresse dallo scienziato, fonda la “Pontificia Accademia per la Vita”. Da quel momento la scoperta di questo piccolo grande uomo, riaffermando i valori di cui possono essere portatori i disabili intellettivi, mette in moto una rivoluzione culturale nel campo dei diritti umani, al punto di cambiare radicalmente la visione del senso dell’esistenza.
Prima di Jerome v’era stato un altro uomo che, con la sua serafica spiritualità, continua tuttora ad ispirare generazioni di attivisti contro il razzismo e la segregazione di quelli che don Lorenzo Milani chiamava gli “ultimi”. E’ il Mahatma Ghandi che ai primi del secolo scorso propugna una sorta di protesta non violenta come mezzo di rivoluzione culturale. Gandhi era solito dire che “una società può dirsi civile solo se rispetta le minoranze”.

UN DIRITTO A LUNGO NEGATO - I disabili intellettivi ed i Down dimenticati dalla nostra civiltà occidentale

Fabio, come molti ragazzi Down nati dopo gli anni sessanta, deve ritenersi un ragazzo fortunato perché, per gran parte dell’opinione pubblica, oggi può anche rappresentare un valore. Fino ai giorni nostri questi ragazzi vivevano nell’oblio, quando addirittura si arrivava a sopprimerli prematuramente. Il delirio “genocida” risale al tempo in cui Platone, vagheggiando una “Città Ideale” fecondava con l’idea ddlla purezza della razza umana i secoli successivi, culminati con la ferocia nazi-comunista del secolo scorso. Questo principio di morte fu non solo assorbito e codificato nel Diritto Romano, ma riaffermato nel Medioevo Cristiano in cui le levatrici avevano precise istruzioni per eliminare neonati malformati.
Nonostante Cristo proteggesse e guarisse storpi e ciechi, questi “figli del peccato” - considerati tali dai pagani e dagli ebrei - sono stati a lungo un dramma per molte famiglie: tanto forte fu l’influsso di Atene e di Roma sulla nostra civiltà.
Riportiamo due soli esempi dell’ignavia che ha attraversato nei secoli scorsi ogni strato della società.
Ricordiamo la recentissima rivelazione del grande commediografo Arthur Miller che, forse in un moto di ravvedimento, riconosce come crimine l’aver abbandonato in un Istituto il proprio figlio Down, oggi quarantunenne.
Per l'altro, riporto di seguito parte della recensione del famoso romanzo di Kim Edwards, ambientato negli anni ’60, uscito agli inizi del 2007 e da cui è stato tratto un film che ha commosso il mondo – “La figlia del silenzio”. In esso si rappresenta l’angoscia di un padre, ossessionato dal senso di colpa per aver rinchiuso in un istituto la propria neonata gemella Down all’insaputa della moglie:
“…David sceglie in fretta e la sua decisione sarà destinata a cambiargli la vita per sempre: affida la piccola a Caroline, ordinandole di rinchiuderla in un istituto e di non rivelare mai a nessuno la verità. A Norah, che non si è accorta di nulla perché durante il parto era sotto anestesia, dice che la bambina è morta. Ma Caroline non può abbandonare la piccola Phoebe in quell'edificio triste e squallido. Con un coraggio che non credeva di avere, fugge in un'altra città, determinata a prendersi cura della bambina e a conservare ben custodito un segreto che solo lei e David conoscono. Un segreto che nel tempo si farà sempre più insopportabile e, come una piovra, allungherà i suoi tentacoli sulla vita di David e della sua famiglia: lui, ossessionato dal senso di colpa e dai rimpianti, ma incapace di affrontare la realtà, Norah, inconsolabile per la figlia che crede morta, e Paul, il fratellino di Phoebe, un bambino timido che cresce solo in una casa piena di dolore. Intanto Caroline, a centinaia di chilometri da Lexington, vivrà con gioia l'inaspettata maternità ma dovrà affrontare anche molte difficoltà: Phoebe è una bambina vivace e sensibile ma i suoi problemi e i pregiudizi che la circondano costringeranno Caroline a combattere una dura battaglia contro il mondo. Fino al giorno in cui i destini delle due famiglie torneranno a incrociarsi...”
Al solo pensare che nell’enciclopedia medica Labor dell’edizione del 1948 si legge che questi esseri, “tra le varie forme di deficienza mentale”, sono “i meno capaci di apprendere” e che oltre i due terzi dei bambini colpiti dalla sindrome di Down non riescono a vivere al di là della pubertà e quindi è “conveniente l’internamento in speciali Istituti” perché ritenuti “inadatti a vivere nella società…”, fa venire i brividi.
Sembrerà un assurdo quanto su accennato, ma chi vive o chi opera nel campo dell’handicap sa che fino agli anni ´70 non veniva riconosciuto il diritto di vivere in famiglia, né di essere curati e riabilitati, dai ciechi ai sordi, dagli handicappati intellettivi e spesso anche dalle persone colpite nel fisico. A tali soggetti non era consentita neanche la frequenza della scuola normale; a maggior ragione era preclusa ogni possibilità di un inserimento nella vita sociale e produttiva.
Fu sul piano dell’”adozione speciale” che si compì una vera e propria rivoluzione copernicana, nel senso che lo scopo dell’adozione di bambini disabili e non, non era più quello di concederla a persone desiderose di genitorialità, ma di dare una famiglia ai minori completamente privi di un’assistenza morale e materiale. Questo grazie alle iniziative di associazioni spontanee a cui aderirono parlamentari, giuristi, magistrati, donne e uomini di cultura, amministratori, operatori e organizzazioni sociali che fin dai primi degli anni ’70 si mobilitarono in difesa dei diritti di questi innocenti.
Nello stesso tempo, le famiglie di origine, essendosi rese conto delle conseguenze negative provocate da un internamento in istituto, accettarono sempre meno la pratica del ricovero. Maturarono così le prime positive esperienze di inserimento in famiglie adottive dei bambini sottratti agli istituti. Se volessimo segnare uno spartiacque tra il buio dell’esistenza ed il giorno del riscatto, possiamo convenzionalmente fissarlo al 1967, anno in cui gradualmente ed inesorabilmente comincia a crescere la pressione delle organizzazioni sociali e delle prime associazioni di famiglie per la regolamentazione dell’adozione dei minori stranieri; contemporaneamente sorsero i primi servizi di “affidamento familiare a scopo educativo”. Vennero così create le condizioni per ottenere dal Parlamento l’approvazione della legge 4 maggio 1983 n. 184 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”.

Ma sarà solo a seguito della contestazione studentesca del ’68, che l’opinione pubblica comincia a prendere coscienza del rispetto delle minoranze ed in particolare della presenza attiva di ogni tipologia di disabilità, quella intellettiva compresa.
Attualmente, nelle altre culture del Pianeta siamo ancora ai primordi. Mentre in qualche “clan” del mondo islamico la figura del Down viene considerata un valore da tutelare, da proteggere, dobbiamo attendere la fine degli anni ’90 per vedere un principio di attenzioni da parte dei pubblici poteri.
Per citare alcuni Stati, ricordiamo che l’ Oman è uno dei primi stati islamici, dal 1987, che si interessa al sostegno, alla cura ed alla riabilitazione, rivolti principalmente nel campo dello sport.
Nella patria del sunnismo, ci risulta che di recente l’Arabia Saudita, offre al disabile il privilegio di viaggiare gratuitamente nel periodo del pellegrinaggio a La Mecca.
In Marocco re Mohammed VI ha iniziato da poco a prevedere la necessità di sostegni specialistici nei confronti di questi bambini.
In Serbia ed in Russia attualmente è ancora riservato il ricovero in istituti, tutti rigorosamente lontani dalle città “perché non disturbino gli abitanti!”.
Più raccapricciante è la misera fine subita dallo scopritore della causa della sindrome di Down nel 21mo cromosoma, Jerome Lejeune (1926-1994). Applaudito dai grandi della Terra, candidato al premio Nobel e nominato esperto in genetica umana nella Organizzazione Mondiale della Sanità, allorché nel ’70 si oppose tenacemente al progetto di legge sull’aborto eugenetico, fu oscurato dai media di tutto il mondo e perseguitato dai suoi stessi colleghi; ragione per cui sfumò il premio Nobel.
Fu uno dei pochi scienziati a difendere strenuamente in tutti i consessi mondiali il DIRITTO ALL’ESISTENZA di qualsiasi essere umano a partire dal suo concepimento, basandosi maggiormente su argomenti scientifico-razionali che su una visione filosofico- religiosa, considerando l’aborto un “crimine abominevole”.
Certamente erano i primi approcci ad una problematica radicata nel DNA dell’opinione pubblica, ma che successivamente verrà affrontata in tutti i suoi risvolti e da noi resa norma con la Legge 40 del 19 febbraio 2004 sulla “procreazione medicalmente assistita”.
In un convegno del 15 ottobre 1978 tenutosi ad Alassio, in cui lo scienziato descriveva l’origine della sua scoperta e le caratteristiche di un trisomico, mi ha colpito la semplicità con cui spiegava la ragione della lentezza congenita in questi ragazzi e le conseguenze sull’intelligenza. Osservando la lentezza nella dilatazione e nel restringimento della loro pupilla, iniettando atropina, si accorse che questi movimenti involontari avvenivano meno in fretta che nei soggetti normodotati. Da questa osservazione dedusse che la causa del rallentamento nei movimenti e nelle reazioni - una delle caratteristiche comuni tutte le malattie che provocano l’indebolimento dell’intelligenza – era dovuta ad una minor quantità di certe sostanze chimiche necessarie per inviare un segnale da una cellula all’altra.
Per Jerome Lejeune è in corso il processo di Beatificazione proposto a suo tempo da Giovanni Paolo II il quale, a seguito delle certezze espresse dallo scienziato, fonda la “Pontificia Accademia per la Vita”. Da quel momento la scoperta di questo piccolo grande uomo, riaffermando i valori di cui possono essere portatori i disabili intellettivi, mette in moto una rivoluzione culturale nel campo dei diritti umani, al punto di cambiare radicalmente la visione del senso dell’esistenza.
Prima di Jerome v’era stato un altro uomo che, con la sua serafica spiritualità, continua tuttora ad ispirare generazioni di attivisti contro il razzismo e la segregazione di quelli che don Lorenzo Milani chiamava gli “ultimi”. E’ il Mahatma Ghandi che ai primi del secolo scorso propugna una sorta di protesta non violenta come mezzo di rivoluzione culturale. Gandhi era solito dire che “una società può dirsi civile solo se rispetta le minoranze”.

Francesco Pugliarello

lunedì 8 ottobre 2007

GRAZIE TPS - Quando si dice che un tecnico inguaia i governi!!

Grazie TPS

Lei signor Ministro dell’economia con la sua “bravura” ha fatto precipitare negli abissi la fiducia degli italiani verso il Governo. Ha scavalcato in bellezza Prodi, dimostrando una capacità fuori dal comune.

Il giocattolo che aveva progettato per affamare gli italiani e far bella figura a Bruxelles è andato in frantumi. Chi di spada ferisce di spada perisce dice un vecchio adagio, e lei caro TPS, questa fine sta facendo. Sa bene che non è stato eletto dagli italiani e proprio per questo si fregiava, tirandosi fuori dall’agone partitico facendo da stampella a questa rissosa compagine. …Quando si dice un tecnico inguaia i governi…!

Ricorda quando in Parlamento le impedirono per ben 13 volte di parlare? Era il tempo della messa sotto accusa di Visco, il suo altrer-ego che strenuamente tentava di salvare infierendo contro un valoroso servitore dello stato. Ebbene gli italiani, gli affronti sull’onestà altrui lo ricordano bene, se lo legano a dito.
Caro TPS questi sono gli italiani, hanno cuore, hanno rispetto della dignità altrui e guai a chi vuole schiacciarla. Per un momento, eppure mi fece tenerezza, avrei voluto sprofondare nel vedere un ministro della mia Repubblica sberleffato. Non volevo crederci perché ero e sono tuttora convinto che lei sia stato oggetto di forti pressioni interne e lei, generosamente per riconoscenza del prestigioso incarico ricevuto si è prestato, magari usando termini lontani dal politichese.

Lei, che in più d’ogni occasione fa lo gnorri, voltandoti da un lato all’altro chiedendo aiuto ai sostenitori volponi che la circondano, …perché proprio a me? Tranquillo caro TPS non è il solo ad aver fatto precipitare la fiducia in questa “disinvolta” coalizione a meno di due italiani su dieci. Continui a stare tranquillo è stato in ottima compagnia. Il suo parlar da professor saccente ci fa manifesto di cotanti compagni di cordata che di meglio trovar in piazza non si puole:
pensi, dal fine dicitor cortese, Amato, allo spocchioso Maxìmo, al cupo Ferrer fomentator di rivolte contro insigni servitori dello Stato (d’ambasciate e consolati), per non parlar di quella dolcissima sessantottina che va sotto l’ineffabile nome di Pollastrini è stata tutta una poesia, un’avventura che purtroppo per te poco durò.

Grazie TPS e ancora grazie.

Da "Panorama.it" by Francoazzurro

IL 403ESIMO ANNIVERSARIO DELLA BATTAGLIA DI LEPANTO...

... E LE SUE IMPICAZIONI SULL'EUROPA CRITIANA


L’Europa cristiana domenica scorsa avrebbe dovuto celebrare il 403esimo anniversario della fine delle mire espansioniste delle orde musulmane sul proprio suolo. La mattina del 7 ottobre 1571, divenuto il giorno consacrato alla Madonna del Rosario, le flotte dell'Impero ottomano, gremite di migliaia di giannizzeri reclutati forzatamente fra i giovani cristiani, guidate dal sultano Solimano II, subirono a Lepanto una sonora lezione dalle forze alleate capeggiate da Don Giovanni d'Austria. Questa battaglia rappresenta la prima grande vittoria di un’armata cristiana contro il potente Impero ottomano che per lungo tempo ebbe una risonanza di grande valore psicologico.
Come tutti abbiamo notato, un evento così rilevante per la storia del nostro Continente è passato sotto silenzio.
Sarebbe stata questa una ghiotta occasione per ricordare le mai sopite ambizioni di conquista che risalgono all’indomani della morte di Maometto e che, partendo proprio dalle sponde meridionali del mediterraneo, ha visto nel corso dei secoli il ripetersi di queste minacce. Secondo le cronache del tempo, le spedizioni, inizialmente mirate alla pura e semplice razzìa, “ghazwua”, vennero consolidate dal berbero Tāriq ibn Ziyād che, usufruendo delle imbarcazioni concessegli dall'esarca bizantino Giuliano, governatore di quelle coste, nel 711 giunse sotto l'altura che da allora porta il suo nome: il jab al Tāriq, (la montagna di Tarik), Gibilterra appunto, dando avvio alla Spagna musulmana. Erano tempi in cui si parlava di incursioni tribali e di conquiste facili dovute a defezioni causate dalle lotte intestine nell’ambito del regno dei visigoti-spagoli il quale, in breve tempo crolla, quasi senza opporre resistenza.
Il valore di questa ricorrenza merita un cenno retrospettivo che riprendiamo dalle cronache dell’epoca.

Il terrore musulmano, allora come oggi, regnava sovrano sul "Mare nostrum". La sorte dei cristiani di Cipro fu simile, se non peggio, di quella subita nel 1975 dagli abitanti parte Nord di questa isola dopo il colpo di Stato turco che ha costretto 180.000 greco-ciprioti ad abbandonare le loro abitazioni e il deturpamento delle Chiese preesistenti. Sulla cattedra di Pietro sedeva un teologo domenicano con il nome di Pio V il quale, valutando la gravità del momento, comprese che solo una guerra preventiva avrebbe salvato l'Occidente. Con parole gravi e commosse esortò le potenze cristiane ad unirsi contro gli aggressori in difesa della cristianità. La gravità era dovuta al fatto che l'espansione dei turchi si andava sviluppando anche grazie alla complicità di alcuni Paesi cristiani, come la Francia che, in nome dei suoi interessi geopolitici, incoraggiava e finanziava i turchi per indebolire il suo tradizionale nemico: la casa imperiale d'Austria. Tuttavia grazie alle insistenze del pontefice, il 25 luglio del 1570, Venezia, l’Austria e la Spagna si strinsero attorno al Papa concludendo l'alleanza contro i turchi. Subito dopo vi aderirono il duca di Savoia, la Repubblica di Genova e quella di Lucca, il granduca di Toscana, i duchi di Mantova, Parma, Urbino, Ferrara e l'Ordine sovrano di Malta. Si trattò della prima coalizione politica e militare italiana nata sotto le insegne del cattolicesimo che la storia ricordi, prefigurando, fin da allora la futura unità d’Italia.

Ricordando le recedenti stragi subite a Parigi, a Madrid e a Londra, sarebbe stata un’ottima occasione per definire e precisare, ancora una volta, come fronteggiare la minaccia destabilizzatrice di certe minoranze salafite che, provviste di passaporto comunitario, sono liberi di circolare indisturbati e pronti a tutto. Parte di esse sono composte da figli di immigrati di seconda generazione, provvisti di una nuova identità e istruiti alla dissimulazione sotto stretto controllo delle scuole craniche degli imam più estremisti. I servizi segreti francesi, in un dispaccio apparso di recente su Le Figaro, ci precisano che provengono dalle madrasse di Damaj (sobborgo posto a Nordovest dello Yemen in una vallata prossima al confine con l’Arabia Saudita), frequentate da “migliaia di aspiranti guerriglieri” provenienti da tutto il mondo anche dall’Europa, principalmente dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Da quel sobborgo, non sospetto fino ad oggi, vengono preparate le “più intransigenti reti jahdiste armate” da inviare in Iraq, in Afganistan o dove c’ è un qualunque focolaio di “resistenti”.
Al momento si contano sulle dita delle mani, ma quanto prima, secondo queste informazioni, saranno centinaia, pronti a scorazzare in lungo e in largo sul nostro Continente. Se questo è il quadro dello spostamento progressivo del fronte del terrorismo internazionalista islamico che, come sappiamo, punta a destabilizzare i legittimi governi degli Stati, urge che l’Unione Europea si appresti a varare nuove politiche migratorie che comprendano aiuti concreti a quei Paesi che si affacciano sulla fascia mediterranea dando a ciascuno Stato europeo la facoltà di scegliersi la propria immigrazione.

A me sembra che dal momento che il Governo si appresta a trattare con costoro, persino occultando le nostre icone nella speranza di non urtare la suscettibilità di quei “signori” che proclamano “la riconquista dell’Occidente” con l’inganno e con le intimidazioni, di queste notizie poco se ne curi. La famosa tela settecentesca che evoca la Battaglia di Lepanto rimossa dall’ineffabile presidente Bertinotti dalla Sala dove vengono accolte le delegazioni straniere, rientra nel quadro dell’indifferenza dei nostri governanti e dell’appeasement verso questi signori che sta scuotendo le coscienze del nostro Paese. Ma di questo gesto scellerato pochi hanno protestato. Il quadro rappresenta l’ultimo epocale scontro tra Oriente e Occidente che, come accennato, vide il trionfo della cristianità in Europa ad opera della cosiddetta "Lega Santa". Non è questo uno dei tanti luminosi esempi della stupida confusione che si fa tra l'apertura e la comprensione verso culture diverse e il "calabraghismo" foriero di futuri disastri?

IL GOVERNO STRIZZA L'OCCHIO AI FONDAMENTALISTI

di Francesco Pugliarello - Tratto da: www.ragionpolitica.it - 4 ottobre 2007

Non è possibile sopportare oltre un governo i cui ministri, trattando di ricongiungimenti familiari e di integrazione degli extracomunitari, si abbandonano a minacce e ad espressioni equivoche che urtano la sensibilità dei governati. Paolo Ferrero, Giuliano Amato e Barbara Pollastrini fanno a gara per ingraziarsi gli integralisti, senza avvedersi che in politica, a volte, le parole che vorrebbero apparire come battute ad effetto sono pietre lanciate in pasto all'opinione pubblica e possono finire per alimentare razzismo e xenofobia.

Il ministro della Solidarietà Sociale incita i rappresentanti degli extracomunitari a rivoltarsi contro i presidii consolari, accusandoli di lentezza nel disbrigo delle pratiche sui permessi di soggiorno e di ricongiungimento familiare: «E' ora che gli immigrati facciano sentire la loro voce e diano vita ad una manifestazione per spiegare fortemente le loro ragioni», perché «è giusto che essi siano incazzati come delle bestie contro di noi» (incontro del 17 settembre alla Camera del Lavoro di Milano). Spingere alla denuncia chi non conosce a fondo l'organizzazione del nostro Stato e le lentezze di un governo arruffone e di un parlamento che non riesce a legiferare, oltre che pericolosa leggerezza, è atto di masochismo politico contro il governo di cui si fa parte. Un ministro della nostra Repubblica che si trasforma in un «protestatario» non può che qualificarsi come il possibile fomentatore di uno scontro sociale. Fatto inopinato, senza precedenti nella storia d'Italia.

E veniamo al ministro dell'Interno, il «Dottor Sottile» della politica nostrana. Qualche tempo fa ha paragonato la violenza dei musulmani sulle loro donne a quella che nel secolo scorso subivano le nostre in Sicilia. Sabato, a Firenze, ha equiparato il velo islamico a quello delle suore cattoliche, teorizzando che «vietarlo a priori vuol dire imporre una propria ideologia imperialista» e offrendo così il fianco a chi scrive saggi supponenti contro il Vecchio Continente. Amato non sa, o finge di non sapere, che il velo, nella visione islamica, è un chiaro riflesso sociale dell'inferiorità della donna rispetto all'uomo e, a differenza di quello che indossano le suore - che testimonia l'appartenenza ad una congregazione di fede cattolica - non è un simbolo religioso, bensì un simbolo ideologico. Come afferma Magdi Allam, esso «è una realtà che continua a imporsi grazie alla disponibilità della realtà ideologica del multiculturalismo occidentale, che si basa sul relativismo cognitivo, valoriale, culturale e religioso». Il ministro dell'Interno non sa, o crede che non si sappia, che in Paesi a maggioranza musulmana (come quelli della fascia sud del Mediterraneo, Marocco e Tunisia) il velo islamico è stato vietato nei luoghi pubblici e che invece, da noi, certi teorici del fondamentalismo intendono riaffermarlo quale simbolo di separazione e di impedimento all'integrazione. Letteralmente «hijab», il velo islamico, è «ciò che separa» ed è quindi simbolo di contrapposizione, di ostilità, e non di rispetto verso il Paese ospitante.

Ma la beffa maggiore alla nostra intelligenza, nel vortice delle polemiche che sistematicamente riaffiorano su questo copricapo, proviene dalla ineffabile ministra per le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini. Per mischiare le carte, mette in mezzo il burka dichiarandosi contraria (Adnkronos, 28.09.2007), dimenticando che l'articolo 5 della legge 152 del 22/5/1975 giudica reato presentarsi in pubblico a viso coperto. Qualcuno si potrebbe chiedere: ma che c'azzecca il burka?. C'azzecca perché questa ministra vuole mettere le mani avanti dichiarando urbi et orbi che da sempre lei si batte «contro ogni prescrizione che mortifichi la libertà, l'autonomia e la dignità della donna». Poteva una sessantottina di ferro restare fuori dai giochi? No di certo. Allora, prendendo la palla al balzo, decide in quattro e quattrotto di affidare il problema della violenza sulle donne alla sua vice, la sottosegretaria Donatella Linguiti, che da par suo convoca cinque rappresentanti, peraltro a maggioranza maschi e - guarda caso - tra i convocati rispunta l'onnipresente Ucoii.

PERCHE' BERLUSCONI HA DETTO NO ALLA RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI

1° - Sappiamo tutti che l’articolo 56 della Carta Costituzionale prevede esplicitamente il numero tassativo di 630 deputati e di 315 senatori (art. 57).

Pertanto una modifica della Costituzione comporterebbe sopportare questo Governo fino al termine della legislatura in quanto si tratta di una legge di revisione della Costituzione. Ciò significa che i lavori delle camere verrebbero rallentati di molto, A TUTTO DANNO DELLE RIFORME, perchè il disegno di legge dovrebbe passare per sei volte in assemblea “con intervalli non minori di tre mesi” l’uno dall’altro. Nella seconda votazione, per proseguire il suo iter, deve essere approvata a maggioranza assoluta, e in Senato sarebbe problematico. In tal caso, alla fine dell’iter la legge scaturita dovrebbe essere "sottoposta a referendum popolare, qualora 500.000 elettori o un quinto dei parlamentari o cinque Consigli regionali ne facciano richiesta”.
In tal modo neanche per le calende greche avremo la tanto sbandierata riduzione dei costi della politica. Frattanto l’attuale Governo può vivacchiare tutto il tempo che crede, continuando ad impoverirci tutti, come l’estrema sinistra auspica.

2° - Per la Cdl, far passare la proposta di riduzione dei parlamentari alla sinistra, col sistema elettorale vigente, significherebbe creare un soviet ristretto dei “migliori” a tutto danno di una reale democrazia.

3° - Si obietterà che anche il Berlusconi, sostenuto da AN e dalla Lega, quando erano al Governo fecero la stessa proposta. Ma si ricorderà che essa non ebbe seguito per il diniego dell’UDC.

4° - Da quanto detto si deduce che l’attuale proposta, nel seguito dei lavori parlamentari, i partitini presenti in questo schieramento accamperebbero gli stessi diritti dal momento che vedrebbero erose
le loro aspettative di allargamento della base elettorale, così come prevedeva l’UDC nella scorsa legislatura.

In sostanza, la proposta è una gran furbata oltre che demagogica, inopportuna e fuorviante.
A questo punto poco ci sarebbe da meravigliarci se i tre partiti della coalizione di centrodestra votando a favore avrebbero fiutato, nella riduzione dei parlamentari, la possibilità di papparsi solo per sé quegli amenti che al momento sono stati congelati. In tal caso potrebbe trattarsi veramente di una delle ennesime truffe operate a danno del popolo bue. Di fatto la “casta”, al momento opportuno scongelerebbe gli aumenti semestrali delle indennità parlamentari a tutto vantaggio dei pochi eletti.
Alla faccia della riduzione dei costi della politica...!

Ancora una volta il Berlusca, rischiando l’impopolarità su una proposta di grande impatto emotivo, al momento gradita all’opinione pubblica, dimostra non solo un fiuto da vero statista ma principalmente una grande stima nell’”intelligenza politica” dei suoi connazionali.

P.S.
Sarà pure una mia fissa, ma se riflettiamo più a fondo, a chi giova questo temporeggiamento?
a) al recupero del consenso perso in quest'ultimo anno e mezzo perchè nel frattempo matureranno i tempi, con l'acquisizione della cittadinanaza breve, di recuperare i voti degli extracomunitari, loro compagni di merende;
b) ad evitare le riforme o ridurle all'osso; ciò significa anche "sdraiarsi" al volere dei Fratelli Musulmani (salafiti) che, per loro natura, rifuggono dalle teorie riformiste: le predicano in tutto l'Occidente!