martedì 2 febbraio 2010

Sulla criminalità la CEI sbaglia le percentuali

Ho la sensazione che presso la CEI vi sia un Presidente che ignora la matematica o che gli vengano forniti dei dati errati. Mi spiego.

Monsignor Mariano Crociata (presidente della Conferenza Episcopale Italiana) ha contestato il nostro Governo affermando che "le percentuali di criminalità di italiani e stranieri sono analoghe, se non identiche". Trovo la risposta di una inusitata incredibilità. E' stata data a commento di alcune frasi del Presidente del Consiglio il quale, in un intervento pubblico, dava per scontato una prossima consistente diminuzione dei delitti collegata al calo dell'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA.

Spiace dirlo ma prima di confutare le affermazioni di un premier, il neo-responsabile CEI avrebbe dovuto documentarsi alla fonte. Nella speranza che Mons. Crociata non diffidi della serietà delle nostre Istituzioni, sarebbe bastato che si fosse documentato incrociando i dati forniti dalla Caritas con quelli del Dipartimento carcerario.

A conti fatti, se su 3 milioni di extracomunitari il 40% è in galera (cioè circa 20.000 su 50.000 della popolazione carceraria), gli italiani reclusi 30.000 a fronte di una popolazione di 54 milioni, significa che attualmente in galera vi sono 16 “stranieri” ogni italiano. Si deduce pertanto che il tasso di criminalità degli irregolari è circa 28 volte quello degli italiani (dati del Ministero degli Interni (2008).
Che ne pensa Monsignore?

Francesco Pugliarello

Eurabia. Come l’islamismo è riuscito a ricattare l’Occidente

Teniamo d’occhio la signora Dalia Mogahed (consigliere del presidente Obama per i rapporti con il mondo musulmano e autrice di "Who speaks for Islam?) [E’ l’invito di Daniel Pipes]

Credo e spero che in Europa si formi un movimento di opinione che possa costringere i governi europei, complici della politica di distruzione dell’Europa, ad un cambiamento. Solo in questo modo si può agire per salvaguardare il mondo così come lo conosciamo"... "Per quanto riguarda l’Italia è che gli italiani hanno una grande coscienza della libertà, hanno lottato per essa... Quando io vengo in Italia vedo dappertutto la parola libertà e non è un caso che anche il partito di Berlusconi ha nel suo nome la parola libertà…”. Sono stralci di un’intervista inquietante che la maggiore divulgatrice anti-islamista europea, Bat Ye’or, ha rilasciato su Tempi dal titolo, “Saremo tutti velati?” il 29 maggio 2009 e ripresa da pochi quotidiani della carta stampata.

Questa signora egiziana di nazionalità inglese, nota per aver coniato il termine Eurabia pubblicato nel 2007 e fatto proprio da Oriana Fallaci, ci rivela che ha utilizzato questo termine da un preciso progetto politico promosso da una rivista fondata a Parigi nel 1975, a seguito della guerra del Kippur scatenata dai Paesi del cartello arabo-musulmano contro Israele. “L'ideatore del «Piano Eurabia» è Lucien Bitterlin, presidente dell'Associazione per la solidarietà franco-araba, nonché esecutore e finanziatore del Comitato Europeo di Coordinamento delle Associazioni per l'amicizia con il Mondo Arabo, una organizzazione a latere della Ce, oggi Ue”.

Mentre infuriava la guerra del Kippur dell'aggressore arabo impegnato ad estendere il nazionalsocialismo nasseriano sulla neo-democrazia israeliana, i rappresentanti dell'Opec riuniti a Kwait City, per ritorsione verso le democrazie occidentali che moralmente stavano sostenendo lo stato ebraico, decidono di utilizzare il petrolio come arma di pressione, riducendo le forniture e quadruplicandone il prezzo, accelerando così il progetto parigino: un ricatto inaudito in cui, per la prima volta, un paese vincitore soccombe alla coercizione dei vinti. Ad un mese da quell'intollerabile gesto, Georges Pompidou e Willy Brandt ritennero che fosse necessario ed utile promuovere una solida amicizia con quei Paesi, proponendo «petrolio in cambio di braccia da lavoro» (leggi immigrazione): una ghiotta occasione per estendere il mai sopito desiderio del califfato sul territorio europeo (con tutte le conseguenze negative che ne sono scaturite, non ultime le informazioni riservate fornite a quei regimi totalitari). A quest'incontro ne seguirono altre decine con i rappresentanti della Lega Araba a Copenhagen, a Bonn, a Parigi, a Damasco, a Rabat, tutte manovre tese a sancire la «svendita» dell'Europa al Cartello musulmano ed ampiamente documentate nella rivista citata rivista di Betterlin, Eurabia. Secondo la Bat Ye'or: «L'obiettivo era quello di creare una identità mediterranea pan arabo-europea che permettesse la libera circolazione di persone e merci e determinasse in modo pesante la politica verso l'immigrazione nella Comunità Europea». Nell’ultimo libro della Bat Ye’or, commentato da Andrea Nardi (l’Occidentale.it, 12.12.2009) si evidenzia l’incapacità dell’Unione Europea di reagire al pericolo perchè «i governi, la stampa e la cultura sono oggi alleati con i paesi musulmani. L’UE è molto legata ai paesi arabi con accordi commerciali e le università hanno addirittura accettato libri approvati dall’Orgnaizzazione della Conferenza Islamica (OCI)”.

Ma Dalia Mogahed la prima donna col velo salita repentinamente agli altari della Casa Bianca come consigliere del presidente Obama per i rapporti con il mondo musulmano e autrice di "Who speaks for Islam?" (un libro che sta per uscire anche in Italia), rifiuta il termine Eurabia. Ella sostiene che “l’idea di Eurabia non riflette l' evidenza empirica”. Si appella al bisogno di forza di lavoro giovane “le cui origini sono in paesi musulmani per spingere l'economia occidentale ed europea in particolare”, “Dovreste pensarci” prima di contrastare l’immigrazione(Repubblica 9.12.2009 p.55).

La Lega Araba è un’organizzazione di carattere politico nata nell’immediato dopoguerra per impedire la nascita di Israele; fu la prima ad utilizzare l'"oro nero" come arma di ricatto internazionale. Sorta l’indomani della seconda guerra, obbligò paesi come gli Stati Uniti a tener conto di questa minaccia nell'appoggio del 1947 al piano di partizione della Palestina. Qualche anno dopo nacque un "ufficio per il petrolio" che il 15 gennaio 1959 fu tramutato nel Dipartimento Affari Petroliferi, sempre alle dipendenze del Comitato Politico della Lega. La sua attività, potenziata dopo la nascita dell'OPEC (1960), evolse sino a comprendere regolari congressi che sfociarono nell'espressa intenzione di usare il petrolio a fini strategici nei rapporti con le potenze occidentali. Ricordiamo a tal proposito che il quinto congresso della Lega nel 1965, fu aperto con la considerazione che "il petrolio arabo oggi è, come è sempre stato, l'asse e l'oggetto di tutte le cospirazioni ordite dal colonialismo e dal sionismo. [...] L'arma che il petrolio arabo rappresenta, può essere puntata al cuore del colonialismo e del sionismo, nel caso fossero mai tentati di commettere qualsiasi nuovo atto di aggressione". Oggi la “Lega” rinnega addirittura i suoi recenti progetti per un suo riconoscimento condizionato e si attesta su una posizione pericolosamente consonante con quella del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
Col tempo tra le numerose organizzazioni dei Paesi a maggioranza musulmana, l’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI), fondata nel 1969, è divenuta la più influente a livello internazionale. Similmente alle NU, questo organismo sovranazionale, opponendosi recisamente all’ingerenza esterna nei loro affari interni, si prone la conservazione e la difesa dei luoghi santi dell’islam e la promozione delle relazioni economiche e commerciali dei Paesi membri. Di recente i 58 Paesi aderenti, comprendenti oltre un miliardo di persone, hanno tenuto l’ultimo incontro nella capitale senegalese per discutere sul futuro dell’OCI. In quell’occasione, da loro ritenuta storica, hanno ribadito la necessità dell’unità della “ Ummah ” islamica, per fare fronte alle sfide del XXI° secolo. Pur presentando nel suo seno vecchi e nuovi Paesi cosiddetti “canaglia”come l’Iran, lo Yemen, l’Afganistan, il Sudan, il Senegal e la Somalia, sulla carta condanna il terrorismo sotto tutte le sue forme e manifestazioni dichiarandolo “flagello mondiale” e ripete di non essere “legato ad alcuna religione, razza, colore o paese”.

Da questi brevi dati testuali e leggendo alcuni passi dell’incontro molto più diplomatici del quinto congresso, si capisce che il “sogno musulmano” (la reconquista), non è mai venuto meno. Nei fatti l’antica pratica della taqyya (dissimulazione) dopo le Tween Towers si è ancor più accentuata, divenendo molto più insidiosa di quanto si possa immaginare, anche a causa di un Occidente privo di anticorpi. Le sanatorie, l'allargamento delle quote di coloro che possono entrare in Italia, e persino gli aiuti economici e i buoni bebé agli immigrati e tanti altri benefici riservati ai musulmani come alloggi e scuole gratis per famiglie numerose, discendono da questi trattati che l'Italia delle sinistre ha prontamente adottato. Secondo gli osservatori presenti ai loro Convegni, trent'anni di dialogo euro-arabo, nei fatti non hanno prodotto che dissidi e paure nelle nostre comunità. In Europa la gente comincia percepire una situazione di disagio, ma questa strategia è complicata e tenuta, almeno per il momento, in un profilo molto basso. “In questo modo è molto difficile difendersi contro qualche cosa che non si vede”. La ragione risiede principalmente nell'ingresso indiscriminato di sconosciuti alle frontiere e nelle migliaia di moschee sparse sul nostro territorio, il più delle volte dirette da capi spirituali privi di controllo e da oscuri personaggi provenienti dalle madrasse del Pakistan e dello Yemen finanziate con i petrodollari dei regimi sauditi, ma che nulla hanno a che vedere con i principi dell'Islam, né con la civiltà del mondo arabo, le cui tracce sono ancora presenti in molte regioni europee. Oggi il vero razzismo è esattamente l’opposto, quello dell’integralismo islamico contro gli Occidentali.
F.P.