martedì 8 settembre 2009

PRIMO PASSO DEL GOVERNO CONTRO L'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA

Contingentare i rifiutati
Di Francesco Pugliarello


Il contingentamento previsto per i rifugiati nei
paesi dell'Unione Europea aventi diritto d'asilo
(per fame, persecuzioni di ordine politico e religioso) è il primo passo verso la soluzione del fenomeno epocale dell'immigrazione in mano alle organizzazioni criminali che va affrontato nella sua completezza, con fermezza e con la massima sollecitudine.
Occorreva che il Governo italiano mostrasse intransigenza con i respingimenti dei clandestini perché il commissario Jacques Barrot, responsabile del portafoglio immigrazione, ne
prendesse coscienza. E lo ha fatto con una tempestività inusuale alla burocrazia di Bruxelles.
Evidentemente Barrot non si era accorto che altri paesi come Francia, Spagna e Gran Bretagna lo fanno da anni senza peraltro mai aver ricevuto alcuna critica.
Ci attendiamo che a questo primo passo, ritenuto condizione necessaria ma non sufficiente, seguano sostegni economici ai paesi che ospitano i rifugiati.


da: Il Firenze pag. 5
8 Settembre 2009

lunedì 7 settembre 2009

IL TRITACARNE DELLA SINISTRA DALLA DOPPIA MORALE STA DIVORANDO SÉ STESSA

Sappiamo chi è Feltri, è uno che quando c'è da rovistare nei meandri del potere non si tira indietro, è uno dei pochi giornalisti di inchiesta ancora presenti in Italia, insieme a D'Avanzo. La critica sferrata al direttore di Famiglia Cristiana è un azione senza precedenti, se si considera che è stata scatenata da un organo di stampa proveniente da un campo politico amico. Essa investe gli equilibri dei più alti livelli ecclesiali e politici del nostro Paese con risvolti futuri ancora abbastanza nebulosi. Se è vero che Berlusconi ha il difetto di essere un brianzolo arricchito, anziché un salottiero romano, e anche vero che da sempre gode di minori simpatie in certi ambienti dell’alta finanza che sostiene alcuni giornali a lui avversi.

E’ anche vero che di cosucce da rivedere ce n’è tante, ma infilarle nel tritacarne alla fine è rischioso per tutti, gli schizzi volano ovunque.
L'errore del giornalismo di sinistra e di repubblica in primis, non è stato quello di pubblicare le notizie delle escort e delle veline, ma quello di insistervi per settimane e settimane, a volte non avendo in realtà nulla di nuovo da dire. Veramente pensavano di far cadere Berlusconi? O volevano fare concorrenza a Eva 2000? si domanda l’esponente della ex margherita Mario Adinolfi. Era proprio necessario tentare di far precipitare l'immagine dell'Italia all'estero? Alla Francia, alla Gran Bretagna e alla Spagna non pareva vero indebolire un concorrente!
Anche se gli italiani sono grandi consumatori di giornaletti scandalistici, ci sono pure quelli che se ne fregano degli scandali sessuali: queste persone sono molto più interessate a soluzioni politiche ed a notizie che possono migliorare il loro tenore di vita e sono la stragrande maggioranza. Quando si comincerà a parlare di temi seri? Perché continuiamo a farci coinvolgere nelle guerre dei potenti e farci distrarre da cose più importanti? Stiamo davvero perdendo le coordinate del vivere civile, e ha ragione Veltroni quando afferma che “non è tutta colpa di Berlusconi”.
Giustamente Stefano Zecchi l’altro giorno si domandava: “Perché, nessuno inibisce questi eroi della rivoluzione [sessantottina] di sguazzare nel pantano borghese e di servirsi di ciò che affiora da quella che loro definiscono “iniquità” capitalista”? E’ la doppia morale che consente, oggi come allora, di predicare in un modo e razzolare in un altro. Oggi però è più difficile praticarla, essa viene immediatamente smascherata.

I “vizi” di De Benedetti, degli Agnelli li stanno già pubblicando, ora quelli di Boffo (peraltro ancora da definire in quanto Boffo annuncia: “La verità emergerà in tribunale perché la “nota informativa” su cui si è basato l’attacco sulla mia presunta omosessualità non è altro che una “emerita patacca”; c'è la condanna dell'UE a Prodi, pronta nel cassetto se il prof dovesse rialzare la testa; i rimborsi truccati di Ignazio Marino, le coop rosse (Unipol-BNL) pronte per il duo D'Alema-Bersani, il vecchio scandalo di Affittopoli, la Campania, la Puglia, la Calabria, l’Abruzzo. Su Franceschini si potrebbe andare a scavare in quel fantastico mondo di scambio di voti che era la margherita al sud.... Di Pietro, “Bè su Di Pietro ci si potrebbe scrivere un libro” dice Adinolfi: al confronto le domande che gli ha fatto Mario Giordano su Il Giornale saranno nulla, rispetto a quello che potrebbe tirare fuori Feltri.

Arriva Berlusconi, e cosa ti combina? Ha la spudoratezza di dire che la storia del comunismo internazionale è una crudele avventura di distruzione della libertà e di annientamento della persona, che i nostri vecchi comunisti continuano a imbrogliare le carte per rendersi presentabili in un mondo che ha seppellito il comunismo. Quel comunismo che sul “Libro nero” presentato nel 2000 illustra, come nessun altro, le nefandezze di un capitalismo di Stato che tanti lutti ha provocato nelle famiglie dei loro compagni russi. Come si permette quel maniaco di Berlusconi di criticare? dice il vecchio pensionato della casa del popolo di Firenze che ha abbandonato la lotta di classe per diventare portavoce del conformismo moralizzatore. E, allora, preso atto che il mondo non si può cambiare, lui e i suoi compagni decidono di censurarlo: moralisti di tutto il mondo unitevi, è la nuova parola d’ordine. Incalza la Rossanda, che però spera nell’ex aennino Fini: “Berlusconi è un gaffeur, un bauscia, lui e i suoi alleati con quel Bossi in canottiera sono l’unica vera tendenza di fascismo localista in abiti nuovi”.

E’ la disperazione di un manipolo di cittadini frastornati dalla sua classe dirigente che non sa più a che santo votarsi. A questo si sono ridotti certi politici e intellettuali della sinistra nostrana, orfani della doppia morale? Guardano la pagliuzza nell’occhio del nemico incapaci di guardare la trave nel proprio, presumono di dare un giudizio morale sul premier prima ancora che politico e su chi lo sostiene. Ma ecco che appena questi benpensanti, vengono pizzicati nelle loro manie piccolo borghesi, urlano, gridano all’aggressione, alla democrazia in pericolo, alla libertà di parola minacciata, addirittura al fascismo che ritorna, e raccolgono firme di protesta, rivolgendosi finanche al parlamento europeo. È ovvio, solo loro hanno il diritto di interdizione perché si ritengono ineccepibili moralmente e culturalmente. Perché se sciaguratamente non riescono più a predicare in un modo e a razzolare in un altro, secondo Zecchi sono tuttavia convinti di poter giudicare dall’alto le proprie qualità estetiche e la “moralità di chi non è bello come loro”.

Francesco Pugliarello

sabato 5 settembre 2009

SINDROME DI DOWN Evoluzionisti e Creazionisti (cenni)

Lode a te, Padre del cielo e della terra,
per il fatto che non è proprietà della scienza
riconoscere ciò che è dovere per ciascuno
e per il fatto che ogni cuore non corrotto può sentire, da sé,
la differenza tra il bene e il male.
FRIEDRICH HEGEL






Facendo leva sulla “buona” ignoranza dell’opinione pubblica, nel tentativo di espellere nuovamente gli handicappati dalla storia, una casta numericamente modestissima che si ispira agli epigoni dell’evoluzionismo darwiniano, in maniera dettagliata e con sottile retorica, ci propone una visione rozza dell’esistenza. Essa considera l’handicappato una sottospecie umana, vale a dire un diretto discendente della scimmia antropomorfa. Pur giudicando quest’ultima l’animale più evoluto, per mostrare caratteristiche fisiche e intellettive simili all’uomo, ancorché dall’intelligenza limitata, arriva ad insinuare che un disabile è comunque un essere privo di anima spirituale.
Vediamo in merito cosa propongono i maggiori strateghi dell’eugenetica contemporanea, o meglio i “padroni del progressismo”, come ironicamente li chiama René Girard: il filosofo Ronald Dworkin e i premi Nobel per la medicina James Watson e Francis Crick.
Il primo, ne “Il dominio della vita”, Einaudi, 1993, sostiene che “l’uccisione razionale dei più deboli può essere un metodo per migliorare il valore specifico della specie umana”, i secondi, sono quelli che nel 1953 descrissero la struttura del codice genetico, noto con il termine Dna.
A Watson un giorno una coppia, dopo aver saputo che il loro nascituro avrebbe avuto la sindrome di Down, chiese consigli su cosa fare.. Il Nobel dette loro risposte sibilline ma altrettanto eloquenti:
“E’ più opportuno che decidiate da voi”. “Non vorrei mai che qualcuno dicesse per me cosa devo fare”; "…posso soltanto affermare che modificare significa rendere il mondo migliore”! (1).
Successivamente chiariva il suo pensiero in maniera più esplicita: “Ogni nuovo nato dovrebbe essere “dichiarato umano” fino a che non abbia passato certi test sulla sua dote genetica, e se fallisce questi test perde il diritto alla vita” (2).
In un’intervista rilasciata al "Sunday Telegraph" del ’97 Crick e Watson furono ancora più circostanziati. Ribadirono il diritto d’ogni donna ad “abortire un figlio che abbia imperfezioni come la sindrome di Down”.
A queste ciniche affermazioni, le reazioni di larghissima parte del mondo accademico non si sono fatte attendere. Cito per tutti David Weatherall, ordinario di genetica umana ad Oxford: “Dire che le idee di Watson e di Crick sono discutibili è un modo generoso di giudicarle” perché non sono che un “ingombro” nel dibattito sulla genetica, non aiutano, “sono altamente emotive e del tutto grossolane” (3).
Nessuno avrebbe pensato che in un settore di fondamentale impatto antropologico come la scoperta della mappa cromosomica, si sarebbe giunti alla manipolazione del patrimonio genetico ed allo ‘screening’ dei nascituri.
Sarà per timore della fine biologica, o forse per troppa disumanità di fondo che li proteggono dai sensi di colpa , o chissà per quale recondito motivo, si ha la sensazione che questi controversi ‘benefattori’, con l’idea della selezione ‘in vitro’, vogliano scaricare le proprie angosce esistenziali sugli “ultimi” di questa Terra, attribuendo ad essi ogni responsabilità di malefatte, errori o eventi negativi. Sta di fatto che queste filosofie, prive di basi etiche, morali e di “umana pietas” rischiano di mettere in moto un processo di dissacrazione dell’esistenza.
E’ evidente che tali singolari desideri riemergono dai sotterranei dei secoli bui, il cui capostipite possiamo identificare nel teorico della futura socialdemocrazia tedesca, lo zoo-etologo Ernst Heackel il quale nel XIX secolo, alla sua generazione di scienziati parlava esplicitamente di “liceità dell’eutanasia di bambini handicappati e invalidi”.
Ernst Haeckel, decantava la "selezione umana artificiale" praticata dagli spartani che rifiutavano l’arte, la filosofia, la letteratura, la cui politica era costituita principalmente dalla potenza militare. In quell’epoca furono emanate leggi speciali secondo cui, i bambini appena nati dovevano essere sottoposti ad attenti controlli e quelli che erano deboli, malaticci o avevano difetti fisici erano brutalmente uccisi. Il diritto alla vita era concesso solo ai bambini sani e robusti. Haeckel difendeva questa pratica. Secondo l’etologo, i sentimenti dell’amore, della compassione, dell’affetto dovrebbero essere diretti solo alle persone "utili": un atteggiamento singolare che prospera sotto l’influenza del materialismo e del darwinismo presenti negli evoluzionisti ortodossi..
A chi lo criticava, Haeckel rispondeva:
"Che bene apporta all’umanità mantenere artificialmente e allevare migliaia di storpi, sordomuti, dementi che nascono ogni anno con un fardello ereditario di malattie incurabili?"
In questa frase è condensato ogni progetto futuro di ingegneria eugenetica. In nome dell'umanitarismo si dimentica l'uomo. In nome di un concetto che finisce per diventare astratto (cos'è l'umanità se non un agglomerato di corpi senza volto?), si dimentica il prossimo vero, quello che ci è accanto ogni giorno, la cui presenza turba, o meglio disturba le coscienze. Perciò da eliminare in nome di un bene superiore, magari facendo appello ad una malintesa ‘pietas’ che in realtà è una falsa coscienza.
I processi mentali degli epigoni di Heackel non sono affatto dissimili a quelli dei terroristi che uccidono per liberarci dal “male”, e questi ultimi a quelli dei nazisti: basta mettere il termine “razza” al posto di classe, umanità.
In attesa di questo straordinario balzo progressivo che avrebbe reso la razza umana invincibilmente sana, bella, intelligente, vittoriosa su tutti i limiti della natura, si doveva cominciare ad eliminare gli “inconvenienti di percorso”. Bisognava eliminare tutte le vite inutili, inguaribilmente malate, portatrici di handicap mentali o fisici, vecchi, malati terminali…: un immane e cinico processo di eliminazione della sofferenza, per l’affermazione di una società totalmente devota alla ‘dea ragione’ (4). Insomma un’insopportabile provocazione in nome di un progresso partorito da menti che col realmente scientifico poco hanno a che vedere.
Ciò che più stupisce e rattrista è la risonanza mediatica che dottrine aberranti come queste, imbevute di pastoie ideologiche sul mondo della disabilità, riescono ad assicurarsi. È uno spettacolo desolante, di grande povertà umana, un rito cinico che vorrebbe camuffare l’umanitarismo tecnologico con disumanità.
Fortunatamente vi è una prevalente e forte corrente di pensiero che fa capo ad eminenti accademici che riescono a scardinare queste teorie, e ne dimostrano l’infondatezza. Sono i cosiddetti creazionisti, ossia gli scienziati galileiani dello spessore del fisico Antonino Zichichi e del biologo Giuseppe Sermonti. Per mezzo di verifiche di laboratorio, questi scienziati dimostrano che le tesi degli evoluzionisti sono “pure supposizioni prive di fondamento scientifico”. Analizzando il codice genetico, essi ci confermano che in tutte le prove i geni mostrano delle variazioni all’interno della medesima specie, mai dei passaggi da una specie all’altra (5).
In “Perché credo in Colui che ha fatto il mondo”, Zichichi così definisce gli “pseudo-evoluzionisti” di matrice atea:
“Coloro che pretendono di fare assurgere al rango di verità scientifica una teoria priva di una pur elementare struttura matematica di stampo galileiano”. Gli fa eco Sermonti, ribadendo che “mettere in discussione una legge naturale millenaria, significa privilegiare un salto nel buio da creare un vuoto esistenziale di una portata storica inimmaginabile” (6).
Sappiamo che le religioni nascono nel tentativo di dare un senso all’esistenza e di salvarci da una condizione di disperazione al pensiero della malattia, della morte, tanto che la grandezza dell’uomo, elaborata dalla saggezza millenaria, sta proprio nel saper produrre arte, scienza, religione. E’ dal tempo di Aristotele che si pensa che l’animale non umano abbia “un’anima istintiva” perché manca di queste dimensioni spirituali e speculative. Per tal ragione, il rispetto e la stima che una bestia riscuote è un sentimento diverso da quello che può riscuotere il figlio d’uomo. L’animale non ha coscienza e non possiede spirito critico, cose che gli evoluzionisti, ‘giocando’ con la biotecnologia, vogliono mettere in discussione.
In questo dibattito, persino un conservatore quale Giovanni Paolo II ha avallato l’evoluzionismo, purché si lasciasse aperto il principio dell’instillazione divina dell’anima, e la scienza ufficiale ha accettato quest’interpretazione. Difatti per il credente, la proposta evoluzionista non contraddice il potere universalista di Dio. Ciononostante un manipolo di pseudo-scienziati insiste nel negare qualità umane nei cosiddetti “malformati”.
Nel recente documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, "Dignitas personae", si legge: “Ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta dignità di persona e diritto alla vita”. E’ un’affermazione innovativa e di grande portata etica, riconoscibile come vera e conforme alla legge morale naturale dalla stessa ragione, a partire da solide conoscenze scientifiche ed in linea con le Carte costituzionali di tutto il mondo. “Bisogna essere fermi e decisi nella difesa della vita perché il diritto alla vita è un diritto naturale che preesiste alla nascita dello Stato moderno” (7).
Questo concetto è stato più chiaramente riproposto da Benedetto XVI nell’ultima enciclica “Caritas in Veritate”, da tutti gli osservatori considerata come la “summa della dottrina sociale della Chiesa alla prova del terzo millennio”. L’intero testo è percorso da una forte critica all’autosufficienza della tecnica, ad un nuovo ateismo, non più ideologico, ma altrettanto pericoloso perché fondato sull’indifferenza e sull’onnipotenza degli strumenti.
E’ la dimostrazione che la Chiesa non è contro la scienza, ma contro la pretesa “prometeica” secondo la quale l’umanità ritiene di potersi “riedificare” avvalendosi dei prodigi della tecnologia. Nella lettera enciclica il Pontefice, inoltre, mette in guardia sui “fraintendimenti della carità” perché senza la “verità sull’uomo” è “sterile”, improduttiva e chiarisce che la carità comunemente intesa potrebbe essere scambiata per una “riserva di buoni sentimenti e scivolare nel sentimentalismo”: al disabile, al diverso il sentimentalismo finisce per danneggiarlo. Per tal ragione Benedetto XVI invoca una “responsabilità morale nuova” che oggi sfugge a molti: quella che fa capo alla verità, alla fiducia e all’amore per l’uomo senza distinzioni di razza, ceto, o abilità personali. Conclude affermando che “senza una nuova responsabilità morale l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori, tanto più in una società globalizzata” (8).
Ancora una volta la Chiesa, come sempre e quasi da sola, coprendo il mondo di opere di carità e di ospedali, come ha fatto nei secoli, ci richiama a prenderci cura dei sofferenti, dei derelitti. Ancora una volta, con la consueta sollecitudine, fa sentire la sua voce contro l’immane massacro delle vite più indifese e innocenti (un miliardo in 40 anni), contro le ideologie della morte, contro l’odio che umilia e dilania i cuori e il mondo.
Quanto riaffermato dalla tradizione cristiana, ci avvia alla conclusione che in merito alla dignità della persona è totalmente precluso ogni criterio di discriminazione, sia in base allo sviluppo biologico, sia allo sviluppo psichico, sia culturale, sia allo stato di salute.
Non è un caso che la Chiesa in questi anni ha accentuato il richiamo al rispetto della vita come bene indisponibile, per le tragedie storiche che nel Novecento hanno portato a una tremenda sua svalorizzazione.
Sappiamo che la vita nasce da un atto di amore fisico e dall’intervento di un Ente imperscrutabile che ogni civiltà ha elaborato secondo le proprie credenze. In tutte le culture, fin dalla preistoria, si pensa che nell’essere umano coesiste una duplice natura, quella spirituale (anima) e quella animale (corpo fisico). Pertanto, se alla scienza è affidata la competenza di studiare l’origine del corpo fisico, alla fede è demandato il compito di indagare sull’origine dell’anima: e nel disabile l’anima è visibilissima.
Per Karol Wojtyla, nell’”Evangelium Vitae”, “gli scienziati della cultura della morte respingono persone come i down perché hanno il senso del soprannaturale”. “Essi si rifiutano di capire che ciò che ci appare umanamente drammatico, può rappresentare il dono della sapienza dell’Onnipotente che ci permette di osservare con l’occhio del Divino l’essenza delle cose”.
Persino Friedrich Nietzsche, dissacratore del sentimento religioso, riconosce in Gesù Cristo Colui che ha preso le difese dei deboli, reietti e “disprezzati”.
Non essendo un filosofo, lascio le considerazioni finali a questo personaggio, peraltro amato anche dagli evoluzionisti.
Con l'intento di percorrere la strada non della negazione, ma dell’affermazione e dell’identità della vita umana, Nietzsche ha riflettuto a lungo sulle conseguenze del darwinismo ateo. La deduzione più triste alla quale approdò, fu la scoperta che l’uomo potesse perdere ciò a cui tende la sua auto-trascendenza. Infatti, attribuì al cristianesimo “il più grande acquisto”: quello di “aver insegnato ad amare l’uomo per amore di Dio”, come “il sentimento finora più nobile e alto raggiunto fra gli uomini”.
Lo studioso Welsey Smith si domanda quali gravi motivi spingono questi pensatori alla Peter Singer a caldeggiare l’infanticidio. La risposta la trova a pagina 213 di “Rathing Life and Death” del 1994 dove lo stesso Singer elenca le diverse attività che una persona con sindrome di Down, non sarà mai in grado di affrontare:
“Suonare una chitarra,
“sviluppare un apprezzamento della fantascienza”,
“imparare una lingua straniera”,
“commentare l’ultimo film di Woody Allen”,
“essere un atleta stimato, un giocatore di basketball o di tennis”.
Nulla di più ridicolo, di più falso, provocatorio e fuorviante.
Piuttosto che esaltare il mito della biotecnologia eutanasica, se questi filosofi-scienziati si cimentassero a studiare l’individuo nella sua peculiarità, sicuramente avrebbero più successo. Predisponendo loro le giuste opportunità, scoprirebbero quali mete queste persone possono raggiungere.
Per giudicare bisogna conoscere, avere l’umiltà di frequentare, approfondire le emozioni e le attese del soggetto che si sta esaminando.
Evidentemente Singer e i suoi seguaci ignorano i passi da gigante fatti negli ultimi decenni dalle cure riabilitative; ignorano che mio figlio Fabio ed altri suoi compagni ed amici che frequenta o ha frequentato, anch’essi down, non solo lavorano e producono, alcuni di essi praticano anche sport agonistico. La 38enne Daniela Melluso di Treviso fa l’aiuto istruttore di ballo latino-americano. Il 26enne di Cagliari, Mauro Muscas, è campione nazionale di pattinaggio; Axel Belig di Prato, appena quindicenne è campione italiano di nuoto nella sua categoria. Che dire della trentaquattrenne umbra, Cristina Acquistapace, ordinata suora da Monsignor Maggiolini, che ora affianca le missionarie in Kenia? “La sindrome di Down – spiega suor Cristina – per me non è stata né una benedizione né una maledizione, ma il modo per capire che sono portata per certe cose piuttosto che per altre, e sono pronta ad affrontare gli impegni che ho assunto”(9).
Con buona pace di questi illustri fautori della pianificazione familiare, sono certo che quando la recente “Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità” - che riguarda la tutela del 10% della popolazione mondiale - verrà inserita nelle legislazioni dei governi nazionali, sarà per loro un brutto giorno come lo fu per il nazismo (10).
Teniamo presente che l’eugenetica contemporanea è molto più pericolosa di quella di un tempo, perché possiede mezzi molto più subdoli e sofisticati da stravolgere l’equilibrio genetico del genere umano. Ne abbiamo un riscontro in Cina, dove mancano all’appello milioni di bambine e in Nord-Corea dove si persegue l’estinzione di bambini disabili nel totale silenzio della comunità internazionale.
Vorrei concludere questo quadro inquietante, facendo mie due osservazioni caustiche del fisico Welsey Smith laddove ci mette in guardia sull’operato di alcuni scienziati:
“I medici olandesi hanno eliminato i malati che lo chiedevano, i disabili che lo chiedevano e, da ultimi, i nuovi nati che non lo hanno mai chiesto. …se si apre questa cultura non c’è più modo di fermarsi”.
E ancora:
“Dopo la seconda guerra mondiale i medici tedeschi furono impiccati per crimini contro l’umanità e per aver ucciso bambini disabili. Tuttavia sotto la leadership di Peter Singer, l’infanticidio è diventato rispettabile. …Se questo trend continuerà, dovremo scusarci per aver giustiziato quei medici”.



NOTE

1. Cfr. http://staminali.aduc.it/php_newsshow_0_1967.html .
2. Cfr. www.aduc.it, “Vivere e Morire di Eutanasia”.
3. “Corriere della Sera” del 17 febbraio 1997.
4. A. Brass, A. Gemelli, “L'origine dell'uomo e le falsificazioni di Haeckel”, Editrice Fiorentina, 1910 pag 99.
5. Antonino Zichichi, “Perché credo in Colui che ha fatto il mondo”, Il Saggiatore, Milano, 1999.
6. G. Sermonti, “Dimenticare Darwin”, Rusconi, 1999 e “Tra le quinte della scienza-Profeti e Professori”, Di Renzo, Roma, 2007.
Altre esaurienti risposte ce le fornisce il genetista Innocenzo Timossi in “Oltre il Big Bang e il Dna, Elledici, Rivoli, 2007).
7. Cfr. http://www.zenit.org/article-16613?l=italian, 12 dicembre 2008.
8. Benedetto XVI, Lett. enc. “Caritas in Veritate”, San Paolo, Roma, luglio 2009, pp. 71-77.
9. Cfr. http://www.unoinpiu.org/blog/?p=45.
10. A Nizza nel 2002 il Consiglio dell’U.E., varando la “Carta dei Diritti fondamentali”, all’articolo 3 comma 2, ha espressamente vietato le pratiche eugenetiche negative e inserito uno stretto controllo sull’avanzamento delle biotecnologie; quelle che erano praticate i quei Paesi che fin dagli anni venti, prevedevano nelle loro legislazioni pratiche eugenetiche, comprese le sterilizzazioni.