sabato 11 ottobre 2008

DOMENICI: UN SINDACO CONTRO LA SUA CITTÀ

Può un sindaco lavorare contro il bene comune e gli interessi generali della propria città? Purtroppo sì.

E’ Leonardo Domenici, nonché presidente dell’ANCI, a confermarcelo, giorno dopo giorno, con atti e parole.

Per cui, non pago di aver condannato Firenze al degrado e all'immobilismo (a causa della sua incapacità amministrativa e delle divisioni presenti nella sua sgangherata maggioranza vetero ulivista) vorrebbe ora emarginarla ulteriormente, ponendola addirittura fuori dal confronto tra governo centrale ed enti locali.

Il governo si era reso disponibile ad aprire un 'tavolo per Firenze', dove affrontare con spirito di collaborazione e condivisione di intenti le questioni più urgenti, e Domenici per tutta risposta si è limitato a fare spallucce, affermando che comunque del tema tramvia (alias MICROFERROVIA in una cittadina medievale!) non si dovrà mai discutere.

Al che al ministro dei beni culturali Sandro Bondi non è rimasto che dichiarare giustamente di non poter sottostare a tali condizioni, e quindi di non poter aprire un tavolo particolare.

Resterà ovviamente l'impegno istituzionale del governo verso Firenze. Per chi non lo sapesse, Domenici è quel sindaco che ha istituito l’assessorato alla partecipazione ed ha sempre rifiutato una legge speciale per Firenze, come per Roma, capace magari di produrre risultati positivi.

Lui, in fondo, la città la preferisce così: avvilita ed abbandonata, sotto il totale dominio del suo partito che tutto controlla e determina. La verità è che Domenici, seguendo la tradizione comunista in cui si è formato, antepone l'interesse del suo partito a quello della comunità che pur a suo tempo lo scelse come primo cittadino.

E l'interesse del suo partito, spaccato e lacerato da una feroce guerra fra bande, è oggi quello di far quadrato al fine di sopravvivere, ricompattando le disperse fila in nome di un becero antiberlusconismo in polemica volgare col governo sulla scia uolter-dipietrina. Un disegno meschino, che passa sopra ogni cosa e che rischia di far terra bruciata attorno ad una città che un tempo fu faro di civiltà.

Ma nel tono e nei comportamenti del "Leonardo furioso" (come lo chiama il senatore Paolo Amato del PDL dal quale ho tratto queste idee), non c'è solo la difesa del proprio “particulare”. C'è qualcosa di più e di irrazionale che attiene evidentemente alle nevrosi o alle paranoie personali.

Come spiegare altrimenti il suo incredibile giudizio sul referendum relativo alle linee 2 e 3 della tramvia, indetto e perso dall'amministrazione comunale? "Si continua a dire che è stato vinto - ha strepitato Domenici - ...stiamo parlando di minoranze che creano confusione e forse sono legate anche a qualche circoletto massonico"!

Ma che centra la massoneria con la tramvia? Domenici fa riferimento ad essa in senso spregiativo per delegittimare comitati e liberi cittadini battutisi contro il demenziale tracciato del progetto tranviario: nel qual caso faccia i nomi o precisi di quali circoli si tratta. O intende alludere al complotto demo-pluto-giudaico in atto nella sua giunta? Anche perché l'unico complotto che riesco a vedere contro di lui è quello nel Partito Democratico, dove, in molti, non vedono l'ora di sbarazzarsi di quello che viene ormai considerato il peggior sindaco che Firenze abbia mai avuto.

Resta il fatto che un sindaco che beffardamente ha istituito l'”assessorato alla partecipazione”, insiste nello schernire la volontà popolare dei fiorentini espressa sulla tramvia attraverso lo strumento partecipativo del referendum consultivo.