lunedì 8 ottobre 2007

IL GOVERNO STRIZZA L'OCCHIO AI FONDAMENTALISTI

di Francesco Pugliarello - Tratto da: www.ragionpolitica.it - 4 ottobre 2007

Non è possibile sopportare oltre un governo i cui ministri, trattando di ricongiungimenti familiari e di integrazione degli extracomunitari, si abbandonano a minacce e ad espressioni equivoche che urtano la sensibilità dei governati. Paolo Ferrero, Giuliano Amato e Barbara Pollastrini fanno a gara per ingraziarsi gli integralisti, senza avvedersi che in politica, a volte, le parole che vorrebbero apparire come battute ad effetto sono pietre lanciate in pasto all'opinione pubblica e possono finire per alimentare razzismo e xenofobia.

Il ministro della Solidarietà Sociale incita i rappresentanti degli extracomunitari a rivoltarsi contro i presidii consolari, accusandoli di lentezza nel disbrigo delle pratiche sui permessi di soggiorno e di ricongiungimento familiare: «E' ora che gli immigrati facciano sentire la loro voce e diano vita ad una manifestazione per spiegare fortemente le loro ragioni», perché «è giusto che essi siano incazzati come delle bestie contro di noi» (incontro del 17 settembre alla Camera del Lavoro di Milano). Spingere alla denuncia chi non conosce a fondo l'organizzazione del nostro Stato e le lentezze di un governo arruffone e di un parlamento che non riesce a legiferare, oltre che pericolosa leggerezza, è atto di masochismo politico contro il governo di cui si fa parte. Un ministro della nostra Repubblica che si trasforma in un «protestatario» non può che qualificarsi come il possibile fomentatore di uno scontro sociale. Fatto inopinato, senza precedenti nella storia d'Italia.

E veniamo al ministro dell'Interno, il «Dottor Sottile» della politica nostrana. Qualche tempo fa ha paragonato la violenza dei musulmani sulle loro donne a quella che nel secolo scorso subivano le nostre in Sicilia. Sabato, a Firenze, ha equiparato il velo islamico a quello delle suore cattoliche, teorizzando che «vietarlo a priori vuol dire imporre una propria ideologia imperialista» e offrendo così il fianco a chi scrive saggi supponenti contro il Vecchio Continente. Amato non sa, o finge di non sapere, che il velo, nella visione islamica, è un chiaro riflesso sociale dell'inferiorità della donna rispetto all'uomo e, a differenza di quello che indossano le suore - che testimonia l'appartenenza ad una congregazione di fede cattolica - non è un simbolo religioso, bensì un simbolo ideologico. Come afferma Magdi Allam, esso «è una realtà che continua a imporsi grazie alla disponibilità della realtà ideologica del multiculturalismo occidentale, che si basa sul relativismo cognitivo, valoriale, culturale e religioso». Il ministro dell'Interno non sa, o crede che non si sappia, che in Paesi a maggioranza musulmana (come quelli della fascia sud del Mediterraneo, Marocco e Tunisia) il velo islamico è stato vietato nei luoghi pubblici e che invece, da noi, certi teorici del fondamentalismo intendono riaffermarlo quale simbolo di separazione e di impedimento all'integrazione. Letteralmente «hijab», il velo islamico, è «ciò che separa» ed è quindi simbolo di contrapposizione, di ostilità, e non di rispetto verso il Paese ospitante.

Ma la beffa maggiore alla nostra intelligenza, nel vortice delle polemiche che sistematicamente riaffiorano su questo copricapo, proviene dalla ineffabile ministra per le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini. Per mischiare le carte, mette in mezzo il burka dichiarandosi contraria (Adnkronos, 28.09.2007), dimenticando che l'articolo 5 della legge 152 del 22/5/1975 giudica reato presentarsi in pubblico a viso coperto. Qualcuno si potrebbe chiedere: ma che c'azzecca il burka?. C'azzecca perché questa ministra vuole mettere le mani avanti dichiarando urbi et orbi che da sempre lei si batte «contro ogni prescrizione che mortifichi la libertà, l'autonomia e la dignità della donna». Poteva una sessantottina di ferro restare fuori dai giochi? No di certo. Allora, prendendo la palla al balzo, decide in quattro e quattrotto di affidare il problema della violenza sulle donne alla sua vice, la sottosegretaria Donatella Linguiti, che da par suo convoca cinque rappresentanti, peraltro a maggioranza maschi e - guarda caso - tra i convocati rispunta l'onnipresente Ucoii.

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