martedì 6 marzo 2007

Anche in Italia la sharia strisciante

La ferocia del kamikaze (o meglio dello Shahid; Hadit:824,829)che vuol mostrare al mondo la sua capacità distruttiva, non risparmiando nessuno, preti, suore, correligionari, bambini come quelli fatti saltare in aria l'altro giorno a Bagram presso la base Usa o quelli dell'Ossezia, è solo la punta dell'iceberg di un'islamizzazione strisciante che percorre in maniera subdola l'inero globo. Essa è un rigurgito tribale che risale ad una consuetudine preislamica proveniente dalle tribù nomadi della penisola arabica in cui vigeva la pratica della razzia (ghazwa): un'azione rapida di rapina, rivolta contro carovane o clan rivali, regolata da un rigido codice di comportamento. Appena dopo la scomparsa di Manometto la ghazwa ricompare, in forma più esasperata, nel Corano. Da qui il jihad o impegno che un «buon» musulmano mette per conquistare cuori e territori da affidare ad Allah. E' questo l'Islam che si presenta oggi in certe parti del mondo. Fintanto che non si capirà l'origine di questa violenza e l'odio che cova in sé, mascherato dal velo della taqiyya (dissimulazione) nei confronti dei non-musulami e dei musulmani «infedeli», saremo destinati alla sconfitta.

La taqiyya o «santa ipocrisia», si è diffusa attraverso la cultura araba da quando esiste l'islam codificato, sviluppanosi nello shihismo come metodo di difesa e di occultamento del suo credo contro i sunniti. Disse il profeta Maometto: «chi trattiene il segreto presto otterrà il sui obiettivi». Difatti l'abile uso di essa era una questione di vita o di morte contro i nemici, ed è anche questione di vita o di morte per tanti contemporanei terroristi islamici. I cultori estremisti fanno riferimento alla taqiyya e al suo ruolo fondamentale per la penetrazione nei «territori della tregua» (dar al-Hudna) a cominciare dalla giurisprudenza islamica fino ai manuali di Al-Qaeda, che presentano istruzioni dettagliate sull'uso dell'inganno, da praticare dai terroristi nelle nazioni bersaglio dell'Occidente. Proviamo a chiedere a qualcuno di essi una risposta che prevede un Si o un No, vedrete che eviterà la risposta diretta, adducendo difficoltà di traduzione dall'arabo.

Noi occidentali, travolti dalla globalizzazione dell'immigrazione e dal relativismo culturale, non ci accorgiamo di essere sull'orlo dello smantellamento delle nostre usanze, dei nostri valori e persino della religione. Non è facile individuare chi fra i nostri concittadini sia portatore di quella strategia, che si concretizza nel voler minare alla radice la tradizione giudaico-cristiana attraverso la negazione dello Stato di Israele e del Vaticano per ri-edificare il Califfato.

Appoggiandosi ai tutori del multiculturalismo, essi sanno che l'Occidente è pronto a negare sé stesso in nome di una religiosità più concreta e solidaristicamente più pregante. Quale occasione migliore per estendere il loro potere su di noi?! Di tutte le comunità che professano altre fedi, solo i musulmani reclamano l'adeguamento alla loro (che poi è una rigida serie di norme), perché ritengono le nostre leggi foriere di «corruzione». Essi pretendono suoli pubblici su cui erigere moschee come a Genova-Cornigliano, premurosamente concessi dai frati francescani in nome di una malintesa accoglienza. In alcuni casi la costruzione di imponenti luoghi di culto, con relativi minareti, in ossequio alle politiche multiculturali, vengono caldeggiati dalle stesse istituzioni locali. Tipico è l'esempio di Colle Valdelsa i cui abitanti si ribellano perché hanno capito che «coprire l'Italia con una rete di moschee corrisponde ad un disegno che non nasce dagli immigrati, ma da potenze economiche e finanziarie del mondo musulmano» (G.Baget Bozzo). In altri casi pretendono l'occultamento dei simboli della nostra cultura millenaria e noi, anime belle, per non offenderli, accettiamo passivamente. Ora che è iniziata la costruzione della moschea, si accusa tra i valligiani un cresce disagio di un corpo estraneo che irrompe nella loro vita con l'inganno. Essi sentono che questa costruzione, peraltro fatta su un giardino pubblico, pone fine a uno stile di vita consolidato che finora ha garantito una convivenza serena, benessere e libertà. Perché questa frenesia di costruire «presto e subito» delle moschee?

Basterebbe ascoltare qualche predica di un qualunque imam o ulema nel chiuso di quelle sale di culto, a noi precluse, per capire quale dottrina questi «religiosi» impartiscono ai loro fedeli. Ci hanno provato, (forse per la prima volta) due giornalisti musulmani, infiltratisi in alcune di queste moschee presenti sul nostro territorio. Nelle loro «prediche» non nascondono ai loro fedeli una decisa preferenza politica per la sinistra: «Nelle regioni dove la sinistra è forte, come in Liguria e in Emilia, noi stiamo meglio». Dalle frasi riportate emerge chiaramente tutta la portata eversiva come: «Noi dobbiamo rispettare le regole dell'Islam e anche fare proselitismo, dobbiamo attrarre la gente verso la nostra fede»; «a noi la loro democrazia fa comodo, ci è utile come comunità e come individui»; «mettiamo che il mezzo per raggiungere la sharia siano elezioni libere o l'esercizio del potere; mettiamo che i musulmani in Italia siano d'accordo ad istituire la sharia di Allah..., solo allora l'Italia potrà diventare un Paese islamico». Conclude il «signore della moschea»: «Siamo sotto attacco da parte della Lega e siamo in trincea... gli italiani sono però comprensivi, soprattutto con questo governo che è meglio di quello di destra di prima...». [Dall'inchiesta di Sky tg24, 05.02.07].

Non v'è alcun dubbio: è questione di odine pubblico e di sicurezza nazionale; essi sono stati selezionati per progettare un'Italia islamica. Questa sfida si può vincere soltanto smascherandone la strategia, penetrando cioè dove si organizza il «terrore» (moschee, network, madrase) con la stessa fermezza usata con la mafia e con le brigate rosse. Dove sono i nostri intellettuali, (meglio se musulmani modernisti) in grado e collettivamente di preparare l'opinione pubblica, come in Inghilterra all'indomani dell'attentato di Londra? Per cominciare, sarebbe sufficiente che essi venissero legittimati come interlocutori dell'Islam al posto di quelli selezionati dagli amici dei «Fratelli Musulmani».

Un quadro decisamente preoccupante che ci obbliga a non fare come gli struzzi. Che fine ha fatto la proposta di controllo all'interno delle moschee? E il principio di reciprocità nei rapporti internazionali? Questo diffuso fair-pay di lungo corso porta una tale confusione da rendere la già complessa realtà del nostro Paese al punto di non ritorno. Non vorremo che si avveri la profezia per cui di questo passo nel giro di qualche lustro avremo la sharia in casa nostra come, pare, sia già in quel di Londra!

Francesco Pugliarello

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