lunedì 2 marzo 2009

Eugenisti invocano l'aborto sui feti "imperfetti"

Lode a te, Padre del cielo e della terra,
per il fatto che non è una proprietà della scienza
riconoscere ciò che è dovere per ciascuno
e per il fatto che ogni cuore non corrotto può sentire, da sé,
la differenza tra il bene e il male.

FRIEDRICH HEGEL




Evoluzionisti e creazionisti (cenni)


Facendo leva sulla “buona” ignoranza dell’opinione pubblica, nel tentativo di espellere nuovamente gli handicappati dalla storia, gli epigoni dell’evoluzionismo darwiniano, in maniera sottile, dettagliata e con grande retorica, ci ripropongono una visione rozza dell’esistenza. Essi affermano che l’essere umano è il risultato della selezione naturale. Ritenendo la scimmia antropomorfa l’antenata dell’uomo, giudicano quest’ultimo un animale più evoluto, quindi “privo di anima” e dall’intelligenza limitata poiché la considerano “una secrezione del cervello”.
Vediamo in merito cosa propongono i maggiori strateghi dell’eugenetica contemporanea, o meglio i “padroni del progressismo” come ironicamente li chiama René Girard, il filosofo Ronald Dworkin e i premi Nobel per la medicina James Watson e Francis Crick.
Il primo, ne “Il dominio della vita”, Einaudi, 1993, sostiene che “l’uccisione razionale dei più deboli può essere un metodo per migliorare il valore specifico della specie umana”, i secondi sono quelli che nel 1953 descrissero la struttura del codice genetico, noto con il termine Dna.
A Watson un giorno una coppia, dopo aver saputo che il loro nascituro avrebbe avuto la sindrome di Down, chiese consigli su cosa fare per lui. Il Nobel dette loro risposte sibilline ma altrettanto eloquenti:
“E’ più opportuno che decidiate da voi”. “Non vorrei mai che qualcuno dicesse per me cosa devo fare"; "posso soltanto affermare che modificare significa rendere il mondo migliore”! (InNota:http://staminali.aduc.it/php_newsshow_0_1967.html). Successivamente chiariva il suo pensiero in maniera più esplicita:
“Ogni nuovo nato dovrebbe essere “dichiarato umano” fino a che non abbia passato certi test sulla sua dote genetica, e se fallisce questi test perde il diritto alla vita”. (cfr. www.aduc.it –Vivere e Morire di Eutanasia)
In un’intervista rilasciata al "Sunday Telegraph" del ’97 Crick e Watson furono ancora più circostanziati. Ribadirono il diritto di ogni donna ad “abortire un figlio che abbia imperfezioni, come la sindrome di Down”.
A queste ciniche affermazioni, le reazioni di larghissima parte del mondo accademico non si sono fatte attendere. Cito per tutti David Weatherall, ordinario di genetica umana ad Oxford: “Dire che le idee di Watson e di Crick sono discutibili è un modo generoso di giudicarle” perché non sono che un “ingombro” nel dibattito sulla genetica, non aiutano, “sono altamente emotive e del tutto grossolane". (In Nota: Corriere della Sera del 17 febbraio 1997).
Nessuno avrebbe pensato che in un settore di fondamentale impatto antropologico come la scoperta della mappa cromosomica, si sarebbe giunti alla manipolazione del patrimonio genetico ed allo ‘screening’ dei nascituri.
Forse per timore della fine biologica, o chissà per quale recondito motivo, si ha la sensazione che un manipolo di scienziati, con l’idea della selezione ‘in vitro’, voglia scaricare le proprie angosce esistenziali sugli “ultimi” di questa Terra, attribuendo ad essi ogni responsabilità di malefatte, di errori o di eventi negativi. Sta di fatto che queste filosofie, prive di basi etiche e morali, rischiano di mettere in moto un processo di dissacrazione dell’esistenza.
E’ del tutto evidente che tali singolari desideri riemergono dai sotterranei dei secoli bui, il cui capostipite possiamo identificare nel teorico della futura socialdemocrazia tedesca, lo zoo-etologo Ernst Heackel il quale nel XIX secolo, alla sua generazione di scienziati parlava esplicitamente di “liceità dell’eutanasia di bambini handicappati e invalidi” (Brass A. e Gemelli A, “L'origine dell'uomo e le falsificazioni di Haeckel”, Editrice Fiorentina, 1910).
Haeckel, decantava la "selezione umana artificiale" praticata dagli spartani che rifiutavano l’arte, la filosofia, la letteratura e che era costruita solo sulla forza militare. Durante il periodo degli spartani, con leggi speciali, i bambini appena nati venivano sottoposti ad attenti controlli e quelli che erano deboli, malaticci o avevano difetti fisici venivano brutalmente uccisi. Il diritto alla vita era concesso solo ai bambini sani e robusti. Haeckel difendeva questa pratica barbarica che prevedeva l’uccisione di bambini innocenti. Secondo lui, i sentimenti dell’amore, della compassione, dell’affetto dovrebbero essere diretti solo alle persone "utili". Questo atteggiamento egoista prospera sotto l’influenza del materialismo e del darwinismo.
A chi lo criticava, Haeckel rispondeva:
"Che bene apporta all’umanità mantenere artificialmente e allevare migliaia di storpi, sordomuti, dementi ecc.., che nascono ogni anno con un fardello ereditario di malattie incurabili?"
In attesa di questo straordinario balzo progressivo, che avrebbe reso la razza umana (ovviamente quella del mondo evoluto cioè europeo e nord-americano) invincibilmente sana, bella, intelligente, totalmente vittoriosa su tutti i limiti della natura, si doveva cominciare ad eliminare tutti gli “inconvenienti di percorso”. Bisognava eliminare tutte le vite inutili, inguaribilmente malate, portatrici di handicaps mentali o fisici, vecchi e malati terminali…:
un enorme e cinico processo di eliminazione della sofferenza, per l’affermazione di una vita e di una società totalmente a misura dell’uomo e della sua ragione.
Ciò che stupisce e rattrista è la risonanza mediatica che dottrine aberranti come queste, imbevute di ideologie sul mondo della disabilità riescono ad assicurarsi. Fortunatamente vi è una prevalente e forte corrente di pensiero che fa capo ad eminenti accademici che ne dimostrano l’infondatezza.
Sono i cosiddetti creazionisti, ossia gli scienziati galileiani dello spessore del fisico Antonino Zichichi e del biologo Giuseppe Sermonti. Attraverso verifiche di laboratorio, questi scienziati dimostrano che le tesi di questi “pseudo-evoluzionisti” sono “pure supposizioni prive di fondamento scientifico”. Analizzando il codice genetico (Dna), essi ci confermano che in tutte le prove mostra delle variazioni all’interno della medesima specie e mai dei passaggi da una specie all’altra.
In “Perché credo in Colui che ha fatto il mondo” (Il Saggiatore, 1999) Zichichi così definisce gli evoluzionisti atei:
“Coloro che pretendono di fare assurgere al rango di verità scientifica una teoria priva di una pur elementare struttura matematica di stampo galileiano”. Proseguendo ribadisce: “Mettere in discussione una legge naturale millenaria, significa privilegiare un salto nel buio da creare un vuoto esistenziale di una portata storica inimmaginabile”. (In Nota: G. Sermonti, “Dimenticare Darwin”, Rusconi 1999 e “Tra le quinte della scienza-Profeti e Professori”, Di Renzo editore, 2007. Altre esaurienti risposte ce le fornisce il genetista Innocenzo Timossi in “Oltre il Big Bang e il Dna, Elledici, 2007).
Sappiamo che le religioni nascono nel tentativo di dare un senso alla vita e di salvarsi da una condizione di disperazione al pensiero della morte, così la grandezza dell’uomo, elaborata dalla saggezza millenaria, sta proprio nel saper produrre arte, scienza, religione. E’ dal tempo di Aristotele che l’animale non umano “ha un’anima istintiva” poiché manca di queste dimensioni spirituali e speculative. Per tali ragioni il rispetto e la stima che esso riscuote è un sentimento diverso da quello che può riscuotere il figlio di uomo. L’animale non ha pensiero, né coscienza e non possiede spirito critico, cose che gli evoluzionisti, ‘giocando’ con la biotecnologia, vorrebbero mettere in dubbio.
In questo dibattito, persino un conservatore quale Giovanni Paolo II ha avallato l’evoluzionismo, purché si lasciasse aperto il principio dell’instillazione divina dell’anima, e la scienza ufficiale di certo non ha nulla in contrario su questo. Ciononostante un manipolo di scienziati-filosofi insistono nel negare qualità umane nei cosiddetti “malformati”. Nel recentissimo documento "Dignitas personae", della Congregazione per la Dottrina della Fede, si legge: “Ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignità di persona e il diritto alla vita”. Non v’è dubbio che è una affermazione di grande portata etica, riconoscibile come vera e conforme alla legge morale naturale dalla stessa ragione, a partire da solide conoscenze scientifiche in linea con le Carte costituzionali di tutto il mondo. (Nota: http://www.zenit.org/article-16613?l=italian).
Quanto riaffermato ed esplicitato dalla Chiesa, ci avvia alla conclusione che in merito alla dignità della persona è totalmente precluso ogni criterio di discriminazione, sia in base allo sviluppo biologico che a quello psichico, sia culturale che allo stato di salute. “La Chiesa in questi anni ha accentuato il richiamo al rispetto della vita umana, qualunque essa sia, come bene sacro e inviolabile, per le tragedie storiche che nel Novecento hanno portato a una tremenda sua svalorizzazione”. (Nota: A.Socci, “Tuttavia per la chiesa la vita terrena non è un bene assoluto; lo sono invece la salute dell’anima e la vita eterna”, Libero, 12.febbraio.2009
Sappiamo che in tutte le culture, fin dalla preistoria, si pensa che nell’essere umano coesiste una duplice natura, quella spirituale (anima) e quella animale (corpo fisico). D’altro canto da memoria biblica, tutta la creazione è orientata all’uomo; la sua immagine nasce da un atto di amore fisico e dall’intervento di un Ente imperscrutabile che ogni civiltà ha elaborato secondo le proprie credenze. Pertanto, se alla scienza è affidata la competenza di studiare l’origine del corpo fisico, alla fede è demandato il compito di indagare sull’origine dell’anima: e nel disabile l’anima è visibilissima.
Persino Friedrich Nietzsche, dissacratore del sentimento religioso, riconosce in Gesù Cristo Colui che ha preso le difese dei “deboli, reietti e disprezzati”. Non essendo un filosofo, lascio le considerazioni decisive a questo personaggio amato anche dagli evoluzionisti. Con l'intento di percorrere la strada non della negazione, ma dell’affermazione e dell’identità della vita umana, Nietzsche ha riflettuto a lungo sulle conseguenze del darwinismo ateo. La deduzione più triste alla quale approdò, fu la scoperta che l’uomo potesse perdere ciò a cui tende la sua auto-trascendenza. Infatti, attribuì al cristianesimo “il più grande acquisto”: quello di “aver insegnato ad amare l’uomo per amore di Dio”, come “il sentimento finora più nobile e alto raggiunto fra gli uomini”. ( Nota: Robert Spaemann, "La diceria immortale", Cantagalli, 2008).

Per Karol Wojtyla, nell’”Evangelium Vitae”, gli scienziati della “cultura della morte”, respingono persone come i Down perché hanno il senso del soprannaturale”. Essi si rifiutano di capire che ciò che ci appare umanamente drammatico, può rappresentare il dono della sapienza dell’Onnipotente che ci permette di osservare con l’occhio del Divino l’essenza delle cose.
Lo studioso Welsey Smith si domanda quali gravi motivi spingono questi pensatori alla Peter Singer a caldeggiare l’infanticidio. La risposta è a pagina 213 di “Rathing Life and Death” del 1994 dello stesso Singer, dove egli elenca le diverse attività che una persona con sindrome di Down, non sarà mai in grado di affrontare:
“Suonare una chitarra,
“sviluppare un apprezzamento della fantascienza”,
“imparare una lingua straniera”,
“commentare l’ultimo film di Woody Allen”,
“essere un atleta stimato, un giocatore di basketball o di tennis”.
Nulla di più ridicolo, di più falso e fuorviante.
Piuttosto che esaltare il mito della biotecnologia eutanasica, non sarebbe meglio che questi filosofi si cimentassero ad osservare l’individuo nella sua peculiarità? Scoprirebbero quali mete queste persone potrebbero raggiungere, offrendo loro le giuste opportunità.
Per giudicare bisogna conoscere, avere l’umiltà di frequentare, approfondire le emozioni e le aspettative del soggetto che si sta esaminando.
Evidentemente Singer e i suoi seguaci ignorano i passi da gigante fatti negli ultimi decenni dalle cure riabilitative. Ignorano che mio figlio Fabio ed altri suoi compagni ed amici che frequenta o ha frequentato, anch’essi Down, residenti in tutta Italia (a Padova, a Treviso, a Chieti, a Cagliari, a Prato), non solo lavorano e producono, ma alcuni di essi praticano anche sport agonistico. La 38enne Daniela Melluso di Treviso fa l’aiuto istruttrice di ballo latino-americano. Il 26enne di Cagliari, Mauro Muscas, è campione nazionale di pattinaggio, e Axel Belig di Prato, appena quindicenne è campione italiano di nuoto nella sua categoria. Che dire della trentaquattrenne Down umbra, Cristina Acquistapace, ordinata suora da Monsignor Maggiolini, che ora affianca le missionarie in Kenia? “La sindrome di Down” – spiega suor Cristina – “per me non è stata né una benedizione né una maledizione, ma il modo per capire che sono portata per certe cose piuttosto che per altre, e sono pronta ad affrontare gli impegni che ho assunto”. (Nota: http://www.unoinpiu.org/blog/?p=45).
Con buona pace di questi illustri fautori della pianificazione familiare, sono certo che quando la recente “Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità” - che riguarda la tutela del 10% della popolazione mondiale - verrà inserita nelle legislazioni dei governi nazionali, sarà per loro un brutto giorno come lo fu per il nazismo.
Non v’è dubbio che l’eugenetica contemporanea è molto più pericolosa di quella di un tempo, perché possiede mezzi molto più subdoli e sofisticati. Secondo moltissimi studiosi può stravolgere l’equilibrio genetico del genere umano. Ne abbiamo un riscontro in Cina, dove mancano all’appello milioni di bambine ed in Corea del Nord, dove si persegue l’estinzione di bambini disabili nel totale silenzio della comunità internazionale.
Vorrei concludere questo quadro inquietante facendo mie due osservazioni caustiche del fisico Welsey Smith laddove ci mette in guardia sull’ operato di alcuni scienziati:
“I medici olandesi hanno eliminato i malati che lo chiedevano, i disabili che lo chiedevano e, da ultimi, i nuovi nati che non lo hanno mai chiesto. …se si apre questa cultura non c’è più modo di fermarsi”.
E ancora:
“Dopo la seconda guerra mondiale i medici tedeschi furono impiccati per crimini contro l’umanità e per aver ucciso bambini disabili. Tuttavia sotto la leadership di Peter Singer, l’infanticidio è diventato rispettabile. …Se questo trend continuerà, dovremo scusarci per aver giustiziato quei medici”.

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