domenica 4 novembre 2007

La minaccia nucleare iraniana e le esitazioni dell'Occidente europeo

Le esitazioni dell’Occidente a fermare Teheran dall'installazione di centrali, stanno legittimando una corsa generalizzata al nucleare nei paesi di tutta l’area mediorientale.
Così, dopo Marocco e Tunisia, la settimana scorsa anche Hosni Mubarak ha annunciato l’intenzione di avviare la costruzione di centrali nucleari nel suo Paese. L'EU dal canto suo, sollecitata da Sarkozy per una proposta di supervisione politica, si è astenuta dal decidere rilanciando la patata bollente all’ente preposto, l’Aiea di Mohammed El Baradei. Quest’ultimo, direttamente interessato alla questione, sostenuto da Putin e dalla Cina di Hu Jintao ritenendo dannoso andare ad uno scontro con l’Iran, sta facendo di tutto per frenare i tentativi di Washington e Londra di fare pressioni su Teheran, chiedendo ai due falchi di ammorbidire i toni adducendo la mancanza di prove sull’utilizzo del materiale atomico a fini militari.

In questo stato di empasse che deriva dalla disputa tra nucleare civile e nucleare militare, il Medio Oriente forte della sua consueta lungimiranza e sospinto dai timori di un’egemonia politica, militare, religiosa ed energetica della Repubblica sciita si premunisce. Negli ultimi mesi molti paesi sunniti della regione, compresi alcuni emirati del Golfo, hanno annunciato lintenzione di predisporre programmi nucleari che sostengono essere a scopo “civile”. Come stanno i fatti, tutto lascia presumere che la corsa al nucleare sia inarrestabile. Potrebbe anche essere la prova che la nuova gara tra arabi e persiani non sia dettata da prospettive di esaurimenti di fonti energetiche, ma dall’ombra minacciosa dell’Iran su tutta la regione, dove ormai è in missione permanente il segretario di stato americano, Condoleeza Rice.

Considerando i dati ufficiali riferiti al 2004, essi ci dicono che attualmente l’area del Golfo Persico possiede almeno il 60% delle riserve petrolifere dell’intero pianeta con una produzione che copre un terzo del totale mondiale ed è quindi l’unica area in grado di soddisfare le richieste future, compresa la petrolofaga Cina. Naturalmente gli arabi hanno tutto l’interesse a dimostrare che le scorte stanno esaurendosi e il petrolio non è più lo stesso, come qualità, di quello estratto 10 anni fa: dovranno scendere più in profondità, superare la barriera dei 2000 metri con conseguenti aggravi di costi.

Ancora una volta gli arabi, forti della debole coesione interna agli Stati dell’Unione colgono l’occasione per introdursi dolcemente in Occidente. Può essere uno dei motivi per i quali stanno comprando più aziende possibili e stanno investendo in tutto ciò che possono. Ancora una volta, come nella crisi energetica degli anni ’70, è sul petrolio che si sta giocando una partita pesante sulle teste degli europei che sono privi di fonti energetiche ad alta capacità industriale. Noi italiani invece, mancando del coraggio di affrontare di petto i problemi internazionali, saremo sempre più circondati da centrali nucleari che non possediamo: abbiamo rischi ma non profitti e benefici. Questo grazie al cinismo di certi sinistri che da anni si sono inventati il pacifismo per sopprimerle, rendendoci sempre più esposti al ricatto dall’ incombente islamismo. Ma allora se il quadro internazionale volge al peggio, invece di cincischiare in logoranti diatribe di “palazzo”, perchè non prendere di petto il problema energetico, valutando la fattibilità di altre fonti rinnovabili? Non vorremo azzardare ipotesi, però allo stato, sembra che si aspetti che il petrolio superi la soglia 100 dollari per poter dire: beh è il momento di metterci a discutere su costi e benefici.

Francesco Pugliarello

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