martedì 27 novembre 2007

La marcia delle "centomila": squarci di esperienza sessantottina! (?)

Ero all’università, dopo aver solcato gli oceani per qualche anno, lavorando e studiando. La mia, come tante facoltà, restò occupata a lungo (credo tre mesi) costringendomi a tardare di un anno la discussione della tesi.

Ricordo che nell’atrio dell’ateneo era stato portato un vecchio ciclostile e gruppi di colleghi, rigorosamente in eskimo, a turno, predisponevano ciclostili che ciascuno preparava alle macchine da scrivere prelevate dalla segreteria. Assemblee fiume in cui si parlava dell’universo mondo: frasi ripetute a memoria tratte dai testi dell’idolo del momento, Herbert Marcuse, “l’uomo a una dimensione”. Mai letti. A quel tempo mi interessava solo studiare e scoprire la mia dimensione attraverso l’altro di me: ragazze che, come me, volevano liberarsi dalla cappa asfissiante della famiglia, che, tutto sommato, gravava anche su noi maschi. Il maggiore interesse degli “oratori” era proprio questo, farsi notare dalle ragazze per fare “movimento”. Era il tempo della Lidia Ravera che scrisse “Porci con le ali” (chi lo ricorda?).

Fuori, sotto le finestre dell’università il mattino seguente, si potevano rinvenire decine di preservativi della notte trascorsa dai compagni asserragliati nell’ateneo. Forse era questo per noi giovani il miglior diletto e lo scopo del movimento, dove, per “fare movimento”, almeno a Napoli, si intendeva … fare all’amore. Un’orgia di sesso e di idee in cui maschio-femmina si confidavano denudando la loro anima al cospetto dell’altro/a, non solo per la ricerca del piacere ma principalmente per conoscersi, per scoprire che in fondo eravamo uguali. Ma nell’intimo non tutti eravamo uguali, ma simili, come non tutte erano uguali in quella controversa manifestazione del 24 a Roma.Ricordo tante frasi ridondanti e intercalate da migliaia di “CIOE‘“che incitavano alla violenza, alla prevaricazione, alla conquista del mondo, della femmina, della strada, della libertà…

Questo stile venne successivamente ripreso nei corsi abilitanti del 1975. Chi lo ricorda? Corsi abilitanti all’insegnamento (della durata di un anno) in cui si contestava i docenti per ottenere, come poi avvenne in molte sedi, l’autogestione.Quel periodo mi fu utile per capire dal di dentro la donna e me stesso con tutti gli umori buoni e cattivi che ci ribollono dentro. Ma ancor più, socialmente parlando, con chi avremmo avuto a che fare in futuro: minoranze esaltate che avrebbero diffuso in ogni ganglio dell’esistenza odio e invidia. E che purtroppo nessun colletivo fino ad ora ha avuto il coraggio di condannare pubblicamente!

Oggi tutto è politicizzato. Allora si diceva “…il privato è politico”, ma era l’entusiasmo della prima volta, del “politico” nascente…/ Il politico attuale è sclerotizzato, decadente, marcio, brutale, con mille distinguo e mille reticenze, del profitto, del consumismo, altrettanto asfissiante come è diventata per molte donne, ed anche per certi uomini, la vita relegata in famiglia…

Francesco Pugliarello

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